De Girolamo contro la Pomì “padana”: «Campagna provinciale che danneggia il Made in Italy»
«Prima qualcuno ha tentato di chiedersi se il pomodoro sia di destra o di sinistra. Adesso c’è addirittura la distinzione “etnica” fra pomodori: mi sembra che il buon senso sia messo in secondo piano rispetto alla gravità dei problemi del Paese». A dirlo il ministro delle politiche agricole Nunzia De Girolamo intervenendo sulla polemica scatenata dalla campagna pubblicitaria del marchio di conserve Pomì che ha precisato (con tanto di cartina geografica dove campeggia un pomodoro posizionato a cavallo tra Emilia Romagna e Lombardia) che per i suoi prodotti utilizza solo pomodori freschi coltivati nel cuore della Pianura Padana, a garanzia dell’origine e della qualità, e prendendo velatamente “le distanze” dagli ortaggi contaminati della Terra dei Fuochi in Campania. La società ha pubblicato sul proprio sito e sui social network l’immagine dello stivale italiano con un un pomodoro in bella mostra all’altezza della Pianura Padana. E una scritta, lampante: «Solo da qui. Solo Pomì». A margine, una nota: «Gli stabilimenti di confezionamento sono situati tra la provincia di Cremona e di Parma e le aziende Agricole sono limitrofe agli stabilimenti con una distanza media di 42 km. Il 95% percento del nostro pomodoro è coltivato tra la Lombardia e l’Emilia Romagna; il restante nelle due regioni limitrofe».
«Sconcerta che una primaria azienda abbia sentito la necessità di specificare non solo che il suo pomodoro è italiano – denuncia il ministro De Girolamo – ma che proviene da determinate regioni, quelle settentrionali. Il made in Italy è unico e indivisibile e se qualcuno pensa di andare sui mercati internazionali con un’identità di provincia appartiene a un mondo che non esiste più». «I prodotti italiani tutti – prosegue il ministro – sono sicuramente i più controllati, è di oggi la notizia, diffusa da Unioncamere e dalla Fondazione Symbola che le produzioni agricole del nostro Paese hanno residui chimici 5 volte inferiori alla media europea. L’emergenza della Terra dei fuochi per la quale tutto il governo e le amministrazioni locali si sono finalmente mobilitate non può essere in alcun modo strumentalizzata. Dopo anni di indifferenza lo Stato si sta occupando con rigore della questione. Forse quell’azienda non s’è resa conto del gravissimo danno arrecato a migliaia di produttori onesti – conclude De Girolamo – che tra mille difficoltà lottano ogni giorno per garantire un prodotto sano e d’eccellenza. Scusarsi con i lavoratori prima e con i consumatori dopo non solo sarebbe consigliabile, ma anche doveroso”.
In una nota, la Pomì aveva così giustificato la sua contestatissima scelta di comunicazione: «I recenti scandali di carattere etico/ambientale che coinvolgono produttori ed operatori nel mondo dell’industria conserviera stanno muovendo l’opinione pubblica, generando disorientamento nei consumatori verso questa categoria merceologica. Il Consorzio Casalasco del Pomodoro e il brand Pomì sono da sempre contrari e totalmente estranei a pratiche simili, privilegiando una comunicazione chiara e diretta con il consumatore. Per questo motivo l’azienda comunicherà sui principali quotidiani nazionali e locali, ribadendo i suoi valori e la sua posizione in questa vicenda. Si tratta di un atto dovuto non soltanto nei confronti dei consumatori, ma anche nel rispetto delle aziende agricole socie, del personale dipendente e di tuti gli stakeholders che da sempre collaborano per ottenere la massima qualità nel rispetto delle persone e dell’ambiente».