Berlusconi ai giovani azzurri: i ministri non possono restare al fianco dei miei carnefici. E Alfano “sogna” un sabato di festa per tutti

13 Nov 2013 11:14 - di Romana Fabiani

Un incontro informale, quello di Berlusconi con i “falchetti”, un centinaio di giovani azzurri incontrati ieri nella sede di Forza Italia per un happening organizzato dalla regina di ricevimenti, Daniela Santanchè. Ha rotto il ghiaccio con le barzellette prima di tuffarsi sui temi caldi dell’attualità e lo scontro nel Pdl che lo «addolora». Poi l’avvertimento: se passa la decadenza il Pdl deve uscire da Palazzo Chigi, su questo il Cavaliere non si muove di un centimetro.«Faccio di tutto per l’unità. Ma come si può continuare a collaborare al governo con i miei carnefici?». Non si sottrae alle domande sui contrasti nel centrodestra, i rapporti complicati con Alfano, la rinascita di Forza Italia e dei “nuovi” club che torneranno a chiamarsi “Forza Silvio”.  «Ci sono i cinque ministri che amano fare i ministri, “diversamente”, ci sono i senatori che godono del titolo nobiliare e che, dopo sette mesi, temono di non essere rimessi in lista», dice Berlusconi, «tutto è comprensibile. Immaginate il dolore che mi attanaglia, faccio di tutto per tenere uniti i moderati da vent’anni ma poi arriva sempre qualcuno che divide». Tre ora a tu per tu con i giovani ai quali avrebbe consigliato di andare all’estero, poi la foto ricordo con tanto di siparietto con protagonista un giovane ritardatario, cravatta e chewingum, che rimane fuori dal portone di via del Plebiscito, «so’ stato in palestra fino a mo’, mi ha trattenuto il mister». Per lui non c’è niente da fare, la cena è iniziata.

Mentre cresce l’attesa per il Consiglio nazionale di sabato al quale i governativi potrebbero decidere di non partecipare, Alfano dalle colonne del Corriere della Sera si concede un po’ di ottimismo. «Dovrà essere una festa per tutti», dice spiegando di lavorare con «convinzione» all’unità del partito proprio mentre Fabrizio Cicchitto accusa i falchi di strattonare il Cavaliere e di lavorare per il Pd. «Conosco il presidente Berlusconi, ho lavorato al suo fianco per tanti anni e sono convinto che farà di tutto per non dividere il partito». Il segretario del Pdl oggi sceglie la strada dell’appello «al buon senso e al profilo di uomo di Stato che hanno reso Berlusconi il numero uno». Solidale con la sofferenza del Cavaliere per la decadenza, non molla però sulla linea della salvaguardia delle larghe intese, dell’impegno assunto il 2 ottobre. E poi, una volta usciti dal governo – chiede – una volta irrogata la sanzione al Pd, che beneficio ne trarrebbe il Paese, il leader del Pdl e il suo partito? «Solo gli ipocriti e i cinici non dicono che in caso di elezioni anticipate il presidente Berlusconi non sarebbe candidabile». L’agibilità politica dell’ex premier – è il ragionamento – si difende con la sua leadership e con un partito unito, senza considerare che potrebbe ascrivere a suo nome la riuscita delle larghe intese. Poi un avvertimento a Letta perché non venga accuasato di intelligenza con il nemico: «il premier non ha e non deve avere alcun interesse alla frammentazione del nostro movimento».

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