Usa, alle 4.12 l’intesa che fa tirare un sospiro di sollievo al mondo. Ma il “conto” è salato: 24 miliardi di dollari

17 Ott 2013 9:04 - di Redazione

Alle 22.12 di ieri ora locale (le 4.12 di oggi in Italia), meno di un paio d’ore dal default, il voto della Camera salva gli Stati Uniti dalla catastrofe economica. Ma è tutto il mondo che in queste ore tira un enorme sospiro di sollievo. Al termine di una giornata al cardiopalma, prima il Senato, poi la House, approvano a larga maggioranza l’intesa raggiunta dai capigruppo della Camera Alta, il democratico Harry Reid e il collega repubblicano Mitch McDonnell, e che riapre lo Stato federale sino al 15 gennaio e finanzia il debito sino al 7 febbraio. Così da oggi gli statali torneranno al lavoro. Barack Obama, dopo il voto del Senato, in diretta tv ha espresso il suo grazie ai protagonisti dell’accordo. Poi si è detto disponile a ”lavorare con tutti”, esortando gli eletti ”a riguadagnare la fiducia del Paese”. Secondo molti si tratta solo di una tregua di qualche mese. E c’è chi teme che tra qualche settimana si riparta daccapo con il muro contro muro nei palazzi di Washington. Tuttavia, questo cruciale passaggio per la politica americana potrebbe aver lasciato il segno. Il partito repubblicano, soprattutto alla House dove ha la maggioranza, si è spaccato clamorosamente con 87 che hanno detto sì all’accordo, e ben 144 che hanno votato contro. La linea dura dei deputati del Tea Party è uscita sconfitta in modo evidente. Tanto che dopo il voto, alcuni parlamentari del Grand Old Party apertamente molto irritati, si sono chiesti se considerarli ancora membri del loro spesso partito. E i sondaggi parlano chiaro: alla stragrande maggioranza degli americani non è andata giù che, per tentare di bloccare la Obamacare, estremisti come Ted Cruz fossero disposti a lasciare senza paga 800mila statali e a portare l’intero Paese sull’orlo del baratro. E malgrado il lieto fine, c’è poco da festeggiare: il solo shutdown, durato lunghi 16 giorni, è costato caro allo Zio Sam. Standard & Poor’s stima che il prezzo che l’economia americana dovrà pagare per la chiusura del governo è di almeno almeno 24 miliardi di dollari. E non solo: c’è da considerare un taglio del pil nel quarto trimestre che dovrebbe aggirarsi sullo 0,6%. L’agenzia di rating, quindi, rivede la sua stima di crescita annuale degli Stati Uniti, portandola dal 3% al 2%. Insomma, quanto basta per far sperare che nelle prossime settimane non si ripeta questo psicodramma. Proprio alla domanda se l’America rivivrà presto giorni simili, Obama ha reagito con un rabbioso “no”. Lo stesso premier Enrico Letta, che oggi alla Casa Bianca avrà con Obama un bilaterale e un pranzo di lavoro, esprime vicinanza al presidente americano: «Posso capirlo, anche io ho i miei problemi a casa mia», ha ammesso ai microfoni della Pbs.

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