Otto secoli dopo la Cina si vendica di Gengis Khan: al via la repressione contro i mongoli
Quando si dice che la vendetta è un piatto che si mangia freddo: ma 798 anni sembrano un po’ troppi per regolare i propri conti. Eppure è quello che stanno facendo le autorità di Pechino forse per cancellare l’umiliazione patita nel 1215, quando le orde di Gengis Khan assediarono, invasero e saccheggiarono Pechino (che allora si chiamava Yanjing). L’anno successivo, i mongoli in ritirata devastarono orrendamente la Cina, mentre qualche decennio dopo, nel 1294, gli eredi del Khan avevano conquistato tutta l’Asia, Celeste Impero compreso. Sarà per questo che adesso le autorità cinesi, atteso il tramonto dell’Impero mongolo, hanno lanciato una campagna “antiterrorismo” nella zona della Mongolia interna, travagliata da una serie di tensioni tra la popolazione cinese e quella di etnia mongola su una serie di questioni come il problema della confisca delle terre, il posizionamento di mine e la distruzione ambientale da parte dei cinesi. Secondo quanto ha riferito il gruppo Smhric (Southern Mongolia Human Rights and Information Center), la campagna del regime comunista cinese consiste nel sequestro delle armi e degli esplosivi ai civili. L’operazione è stata lanciata nella città di Tongliao, dove risiedono oltre un milione e mezzo di persone di etnia mongola. All’operazione hanno partecipato circa 1.700 agenti e 15 mezzi della polizia e dei vigili del fuoco. Le autorità hanno fatto sapere di avere già confiscato circa 50 tonnellate di esplosivo, oltre 120.000 detonatori, 2.000 fucili e 32.000 coltelli alla popolazione locale, anche se non sono chiare le circostanze dei sequestri. Secondo alcune fonti, le autorità cinesi hanno utilizzato la campagna anti terrorismo come scusa per reprimere la minoranza mongola, che rappresenta circa il 20% della popolazione della Mongolia interna. Non solo Tibet, insomma, la repressione delle minoranze, come ad esempio quella degli Uighuri, continua in tutto il moderno impero stalinista cinese. Senza che l’Occidente reagisca contro le continue violazioni dei diritti umani in Cina. È più facile fare la faccia feroce con la piccola Siria…