Lapo si confessa, dagli abusi subìti alla telefonata ad Alfano: «Angelino, hai avuto le palle…»

18 Ott 2013 11:58 - di Romana Fabiani

Non solo donne, motori, vizi e colori («perché quando Torino è così grigia la devi fregare così») È un Lapo Elkann che non ti aspetti quello che “si confessa” per la prima volta al Fatto Quotidiano in un’intervista fiume che infrange lo stereotipo dell’enfant terrible di casa Agnelli, dell’infanzia viziata del ragazzaccio eccentrico, eccessivo e inconcludente. «È venuto il momento di dire la verità, di smetterla di nascondere le cose», dice all’inizio della conversazione che occupa tre intere pagine del quotidiano di Padellaro e Travaglio. Tortura il volto tra le mani – ci informa una gongolante Beatrice Borgomeo – e si lancia nella prima rivelazione choc, quella di aver subìto abusi sessuali a tredici anni nel collegio dei gesuiti. «Non ne ho mai parlato, lo faccio perché voglio che questa storia serva a qualcuno. Sto pensando a una fondazione… Altre persone che hanno subito cose simili non sono riuscite ad affrontarle. Il mio migliore amico, che era in collegio con me per quasi 10 anni e ha vissuto quello che ho vissuto io, si è ammazzato un anno e mezzo fa». La notizia è grossa, il titolone può essere sparato e il “colpaccio” del Fatto può fare il giro del mondo via rete, ma nelle quattro ore di intervista con l’eccentrico Lapo, finalmente «liberato» dall’ossessione del nonno, c’è spazio anche per una lunga riflessione sull’Italia, la politica, i potenti e i furbi.

Lapo è uomo di mondo, «ho fatto il militare a Cuneo», scherza parafrasando Totò, ma anche un nazionalista di ferro. L’Italia (come vorrebbe chiamare sua figlia quando a 40 anni metterà su famiglia, «perché Asia sì e Italia no?») è un Paese in cui «i problemi ci sono, ma anche molti segnali positivi», dice pensando a papa Francesco, il cui schema dovrebbe essere «replicato in politica». E Berlusconi? «Non sono paraculo né finto, a differenza di altri. Ammetto di averlo votato nel ’94, poi molto di quel che era stato promesso non è stato fatto, e io non l’ho votato più». L’ex ragazzaccio non partecipa al tiro al bersaglio, «qui da sempre prima si fa un applauso, poi si prepara il plotone di esecuzione. Troppo comodo…». Il Cavaliere finito? «Non faccio il radical chic, non fingo di essere di sinistra, Berlusconi non è solo un individuo, è un sistema, un modo di pensare, di comportarsi, di vivere». Possibilista sul governo Letta che anagraficamente ha il tempo dalla sua parte, Lapo racconta di aver telefonato ad Alfano nel giorno dello show down nel Pdl e di avergli detto ” lei ha dato prova di avere grandi coglioni”. Quanto al giovane e rampante Matteo Renzi, non è il suo tipo, con buona pace dell’Huffington Post che in primavera titolava “Elkann vota Grillo”. «Impossibile ero in America, ma non l’avrei votato comunque». Falso anche che abbia accusato il sindaco di Firenze di essersi «venduto a Bersani per un piatto di lenticchie». «Non ho mai parlato male di Renzi. Mi pare uno che si comporta nello stesso modo che abbia davanti un cameriere o il presidente della Repubblica. Un atteggiamento che mi piace», dice raccontando di quando – «all’epoca del mio incidente di percorso» (quando nel 2005 finì in rianimazione e sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo) – ricevette dal sindaco una lettera molto gentile e umana. «Altri dissero cose più sgradevoli. Fini disse che mi dovevo vergognare». Velenoso con Diego Della Valle, storicamente critico con gli Agnelli, gli manda a dire, con eleganza e glamour, che fa «beneficenza con i soldi degli azionisti» e che non basta far bene l’imprenditore per atteggiarsi a tuttologo.

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