Il vero Caimano si nasconde nella palude di una sinistra invecchiata

1 Ott 2013 20:34 - di Girolamo Fragalà

Nella notte dei coltelli più o meno lunghi, mentre piovono a raffica notizie e indiscrezioni, vertici e incontri, ultimatum e scissioni annunciate, trovano spazio i figli di Nanni Moretti, quei personaggi abituati a recitare la parte dei protagonisti e che invece, negli ultimi mesi, vivono il loro tramonto politico adattandosi al ruolo di comparse. Per riemergere – e non a caso essere poi “richiamati” a Palazzo Chigi per verificare la loro disponibilità a votare la fiducia – tirano fuori il vecchio repertorio, alla «ci sono anch’io», raschiando il fondo del barile dell’antiberlusconismo militante. Il problema, sia chiaro, non è quello di essere a favore o contro il Cavaliere, ma il linguaggio usato e un modo di concepire la politica che ha fatto il suo tempo, specie alla luce di quanto è accaduto e continua ad accadere. Sembra di tornare indietro negli anni, di assistere alla replica di un film che ormai non fa più ascolti, di partecipare alla cena delle beffe politiche, dove qualcuno pensa ancora di poter prendere l’opinione pubblica per i fondelli. A iniziare è Nichi Vendola, che si riallaccia alla pellicola di Moretti, che uscì nelle sale nel lontano 2006 (sette anni fa, un periodo che in politica equivale a un secolo): «Il Caimano è un grande divoratore», afferma il leader di Sel, «cerca di tirare nella palude chi vuole divorare. Finora il Pd si è mostrato sempre disponibile a farsi mangiare. Spero che finalmente cambi idea». Chiaramente il Caimano è Berlusconi, come nel film del 2006. Un altro passo indietro lo fa Marina Sereni, vicepresidente della Camera, che parla come parlavano i girotondini (e qui saliamo addirittura al 2002, undici anni fa): «C’è qualcuno che rispetta le istituzioni e chi le rappresenta soltanto se queste si piegano ai suoi comandi, al suo volere e ai suoi bisogni. E quando non succede attacca e denigra». Chiaramente questo diavolo è Berlusconi e rispunta la necessità di difendere la Costituzione, più o meno lo stesso concetto urlato in maniera infantile dai girotondini. Ancora più indietro nel tempo va Mariano Rubino, deputato di Scelta civica: «La presidenza della Repubblica approfondisca il dossier del senatore Silvio Berlusconi relativamente al mantenimento del titolo di Cavaliere al Merito del Lavoro», il metodo dipietrista della politica (e siamo nel 1996, 17 anni fa). Una serie di dichiarazioni, queste, che dimostrano come il confronto politico in Italia non abbia mai avuto una crescita sia nei contenuti sia sotto il profilo della maturità. Ma – sempre nelle ore più calde della legislatura – arriva la dichiarazione di Luca Cordero di Montezemolo: «Un leader politico dopo vent’anni passa la mano, accade in tutto il mondo». Una frase che, detta così, potrebbe anche fare presa nell’elettorato. Il problema è che – secondo Montezemolo – dovrebbe passare la mano a qualcosa di nuovo. E quel qualcosa di nuovo risponde al nome di Mario Monti. In tutto questo circo magico di dichiarazioni resta un dubbio enorme: chi è il vero Caimano?

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