Emilia Romagna, indagati tutti i capigruppo alla regione per le “spese della politica”

22 Ott 2013 19:27 - di Antonio Pannullo

Dopo tre anni di indagini, l’inchiesta della Procura di Bologna sui fondi del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna sembra aver trovato la sua sintesi: sono indagati tutti e nove i capigruppo dell’attuale legislatura (cominciata nel 2010). A quanto si apprende, l’accusa per tutti è peculato. Si tratta quindi dei politici che guidano i gruppi di Pd, Pdl, Idv, Lega Nord, Fds, M5S, Sel-Verdi, Udc e gruppo Misto. Del terremoto politico si era cominciato ad avere sentore in mattinata, quando la Guardia di Finanza era tornata (dopo il blitz di circa un anno fa) nella sede della Regione, per acquisire ulteriori carte sulle spese dei gruppi consiliari. In particolare, i militari hanno chiesto documenti ai gruppi con maggior numero di consiglieri, come Pd e Pdl, ma neanche gli altri sono stati trascurati. L’indagine, coordinata dai pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi, con la supervisione del procuratore Roberto Alfonso e del procuratore aggiunto Valter Giovannini, il 2 ottobre dell’anno scorso aveva visto l’acquisizione di una grande mole di documenti nella sede dell’assemblea legislativa. Voluminoso il lavoro di controllo fatto nei mesi successivi dai finanzieri, con circa 39.000 voci di spesa analizzate. La nuova “visita” delle Fiamme gialle alla Regione sembra confermare che l’indagine sia ormai vicina alle battute finali. La circostanza emerge da alcuni segnali, che però non trovano conferma ufficiale. «Su delega dei pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi – si è limitato a dire il procuratore aggiunto Giovannini – la Guardia di Finanza è in Regione presso alcuni gruppi consiliari per acquisire ulteriore documentazione». Alla domanda, però, se l’inchiesta per peculato sia ancora contro ignoti oppure se siano state fatte iscrizioni, da parte della Procura non è stata data risposta. Non è chiaro neppure se si fermi a oggi o se possano esserci ulteriori sviluppi nei prossimi giorni. Oltre all’ estensione dell’attività istruttoria sui documenti già in possesso degli inquirenti, soprattutto consulenze e contratti del personale in varie mansioni, la Gdf ha cercato nuova documentazione che in almeno un caso riguardava buste paga e beni durevoli. I militari non hanno cercato direttamente i consiglieri regionali, ma gli addetti alla ragioneria, alla tesoreria e alla contabilità dei gruppi politici.

Questa decisione induce a fare alcune considerazioni: o la magistratura ha deciso cautelativamente di indagare tutti, in modo di non essere accusata di strabismo politico come è accaduto in passato; però sarebbe un’azione rischiosa, quella di mettere alla berlina tutti i capigruppo, posto che poi potrebbero risultare non copevoli. Un’altra considerazione riguarda il meccanismo dell’assegnazione ai fondi dei gruppi, meccanismo certamente da rivedere, come hanno dimostrato scandali accaduti in altre regioni, meccanismo che la magistratura avrebbe inteso denunciare con questa rumorosa iniziativa. Terza ipotesi, è che tutti  i capigruppo abbiano violato la legge sull’utilizzo dei fondi e che siano stati quindi indagati. Quello che è certo, è che questo terremoto emiliano-romagnolo porterà munizioni alle armi dell’anti-politica, anche di quella demagogica, che non considereranno che tra gli indagati c’è anche chi sull’antipolitica ha fatto campagna elettorale e conseguito scranno in Regione. Considerazione finale, infine, è che i salomonici avvisi di garanzia mandati a tutti i responsabili dei partiti in Regione, confermano il motto del popolino, secondo cui “i politici sono tutti uguali”, perché “qui è tutto un magna-magna”…

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