Deluso, furioso e rassegnato? Berlusconi smentisce tutto: invenzioni, sono al lavoro per l’unità del partito

12 Ott 2013 12:28 - di Romana Fabiani

Furioso contro i traditori irriconoscenti o saldo timoniere alla ricerca di una rotta unitaria del Pdl tra gli scogli? Il giorno dopo il lungo faccia a faccia con Alfano e il pranzo con gli eurodeputati, la stampa fotografa un Berlusconi «ingabbiato e rabbioso, che ripudia i suoi ministri», come scrive l’Huffington post. Niente di più lontano dalla realtà, spiega oggi il Cavaliere che rispedisce al mittente le ricostruzioni inventate che descrivono un uomo sotto assedio pronto alla vendetta. «Al di là del malvezzo giornalistico di riportare sempre più spesso frasi nella migliore delle ipotesi distorte – dice l’ex premier – nessuno può far finta di ignorare che sto lavorando proprio per la coesione e l’unità del movimento, questo è il mio unico obiettivo ed è certamente condiviso  dai milioni di italiani che ci hanno votato e da tutti gli esponenti del Pdl. Nessuno vuol sentire parlare di contrasti e frizioni, se non i nostri avversari. Continuerò a impegnarmi a fondo per non deludere i nostri elettori». Secondo le ricostruzioni dei quotidiani, a corto di certezze sull’esito dell’implosione del Pdl, infatti, a pranzo con gli europarlamentari Berlusconi  sarebbe tornato a ruggire e a sfogarsi contro i giudici («vogliono farmi fare la fine di Timoshenko»), contro Angelino che lo ha «costretto» alla fiducia sventolandogli il foglietto dei 23 firmatari, contro i ministri-Tentenna («non lo ho scelti io») «che si erano già messi d’accordo con Letta che le loro dimissioni sarebbero state poi respinte una volta presentate». Per quanto ammaccato dalla prospettiva della decadenza, Berlusconi non intende mollare e lavora per recuperare l’unità degli azzurri. Sull’istanza di affidamento ai servizi sociali  presentata ieri alla Procura di Milano, mezz’ora prima della chiusura delle cancellerie, spunta l’ipotesi Arcore. Stando a quanto trapela del documento chiuso in cassaforte, la scelta è caduta su Milano, l’ex premier infatti ha la residenza a Roma ma il domicilio ad Arcore. Ed è quest’ultimo indirizzo ad essere stato indicato come la «base» operativa cui Berlusconi intende restare legato nel corso dei dodici mesi della espiazione della pena. Quanto alle prossime mosse politiche per scongiurare la scissione l’ultimo schema riportato dalla stampa vedrebbe l’ipotesi di una diarchia di ruoli con Berlusconi alla presidenza e Alfano alla vicepresidenza della futura Forza Italia 2.0. Sarebbe, ma il condizionale è d’obbligo, la soluzione per superare la crisi interna dopo la spaccatura sulla fiducia al governo. Fabrizio Cicchitto, ormai arruolato tra gli alfaniani filogovernativi, però, torna ad accendere le polveri. C’è molto da chiarire prima di andare verso Forza Italia, dice, «a cominciare dalla ricostruzione sulle dimissioni dei ministri decise da Berlusconi e comunicate ai capigruppo da Alfano. Non è affatto vero che i ministri del Pdl, ai quali va la nostra solidarietà, abbiano concordato con Enrico Letta il rifiuto delle dimissioni. Essi hanno semplicemente espresso un diverso parere politico e in un partito che si autodefinice liberale e democratico mai le diverse opinioni politiche possono essere demonizzate».

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