Telecom “straniera”, siamo alla farsa. Bernabé (2,6 milioni di stipendio) si giustifica: non ne sapevo nulla…
Che il mercato faccia il suo corso, con scalate ostili o amichevoli consumate nelle segrete stanze di uffici con il parquet in acero pregiato, non solo è vero ma purtroppo è anche una delle leggi più spietate che anima la finanza speculativa. Tutto, o quasi, avviene all’insaputa degli azionisti e degli utenti finali, anche quando le società che passano di mano vivono in un regime di concessione pubblica o sono ancora partecipate dallo Stato. Ma che un supermanager come Franco Bernabé, uno dei più longevi e remunerati d”Italia, che di poltrone “statali” o di emanazione pubblica ne ha collezionate tante, non sapesse cosa stesse accadendo nel fulcro azionario della società di cui è presidente (con uno stipendio che oggi tocca i 2,6 milioni di euro l’anno, dopo una recente autoriduzione – bontà sua – del 19%) è un aspetto che trasforma il passaggio di Telecom Italia agli spagnoli in una vicenda dai contorni farseschi. “A nostra insaputa”, è il leit motiv della politica, in queste ore, ma anche dei vertici dell’azienda, come si è intuito dalla relazione di questa mattina di Bernabé in Commissione Industria del Senato, dove è stato chiamato a dare chiarimenti sull’operazione che ha visto l’acquisizione della compagnia italiana da parte degli spagnoli di Telefonica. «Abbiamo avuto conoscenza ieri dalla lettura dei comunicati stampa della recente modifica dell’accordo parasociale tra gli azionisti di Telco. Telefonica diventerà azionista di riferimento di una società che resterà quotata con circa l’85% del capitale sul mercato, comprese le azioni risparmio», ha spiegato il presidente di Telecom Italia, rispondendo a un altro “inconsapevole”, il viceministro allo Sviluppo Antonio Catricalà, che in un’intervista al Messaggero ha accusato i soci italiani: «Nessuno ci ha avvertito, lo avessero fatto sarebbe stato meglio». Bernabè ha anche aggiunto che «la vendita delle partecipazioni in America latina di Telecom Italia «determinerebbe un forte ridimensionamento del profilo internazionale del gruppo e delle sue prospettive di crescita e comunque potrebbe non essere realizzabile in tempi brevi, compatibili con la necessità di evitare il rischio downgrade». Sullo scorporo delle rete, «Telecom Italia conferma il proprio impegno a procedere nel confronto con l’Autorità e con la Cassa Depositi e Prestiti ma l’esito finale dell’operazione non è scontato e, in ogni caso, richiede tempi molto lunghi». Ma anche in questo caso Bernabè ha preferito tenersi sul vago.