Pdl pronto a staccare la spina, Bondi chiede al Colle di “tirare le conseguenze”. E il Pd prova a fare “scouting”

27 Set 2013 11:21 - di Antonella Ambrosioni

Pronti via, il dado è tratto. La scelta dell’Aventino da parte del centrodestra provoca un’accelerazione immediata e le larghe si stringono sempre di più, ora dopo ora: «In queste condizioni, prolungare l’agonia di questo governo e di questa legislatura non giova a nessuno tantomeno all’Italia. Questo Napolitano lo sa bene». È il senatore Sandro Bondi, uno dei coordinatori del Pdl, in una nota, a invitare tutti a «prendere atto» della situazione. La situazione è quella della «crisi di un governo e di una maggioranza che non esistono più da tempo, almeno dal momento in cui il Pd ha dichiarato guerra ad un proprio alleato di governo». La situazione «scivola verso le elezioni», aggiunge il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri. «Siamo in una fase critica, drammatica. Ci aspettavamo un epilogo diverso e quello che sta accadendo si riflette sul governo. Violare l’articolo 25 della Costituzione è una cosa gravissima», dice ad Agorà, su Rai Tre. «Questo Paese – attacca  – è prigioniero di alcune correnti politicizzate della magistratura che emettono sentenze aberranti. Siamo prigionieri degli Esposito e degli Ingroia, compreso Napolitano». «Ora spero che il Pdl vada fino in fondo», auspica il governatore della Lombardia Roberto Maroni. «Noi siamo all’opposizione quindi guardo con interesse alle mosse del Pdl e a qualsiasi iniziativa «che può portare alla fine del Governo Letta e magari a nuove elezioni, che per me e la lega sono la scelta principale».

Se ci saranno margini di spazio e di manovra, come auspica Franco Frattini, in una situazione così fluida ed esplosiva non è dato sapere. Anche perché fino alle prime ore del mattino le ipotesi in piedi erano molte e variegate. La penna dei retroscenisti inseguiva varie piste: sarà il giorno dei falchi del Pdl? E il premier Letta andrà a vedere se quello del Cav è un bluff? Intanto, secondo alcuni retriscenisti, sarebbe già iniziato lo “scouting” tra i ministri del centrodestra nell’ipotesi che, Pdl o non Pdl, l’asse Letta-Napolitano vada avanti. Una cornice inquieta, dinamica, circonda l’atto simbolico-politico dei parlamentari del Pdl sul quale era calato un po’ di “giallo” per la posizione del ministro per le Riforme Quagliariello che non ha firmato le dimisssoni. Riuscirà anche ora Letta a tenere separate, come da sempre si dice convinto, le vicende giudiziarie di Berlusconi dalle sorti delle larghe intese? Di sicuro il premier, di ritorno dagli Usa, salirà al Colle.

Eppure il capogruppo alla Camera Renato Brunetta – per il quale le dimissioni dei parlamentari vogliono «testimoniare la ferita alla Costituzione per l’applicazione retroattiva della legge Severino»- resta possibilista sul futuro dell’esecutivo Letta. «La fiducia? Se sarà per il governo, non ci sarà alcun problema. Il problema sarà del Pd: con chi vota la fiducia – ha detto dai microfoni di Prima di tutto (Radio 1)- con  la stessa maggioranza con cui vuol far decadere Berlusconi?». Chiarisce l’atto della firma delle dimissioni anche l’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto: «Sono un atto di solidarietà politica con Berlusconi, ma allo stesso tempo anche un campanello d’allarme che lanciamo al Presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e anche al Pd. Non sono un bluff, e saranno effettive se l’atto si consumerà, ovvero quando si andrà al voto con scrutinio segreto in Aula al Senato», dice Cicchitto al Mattino. «Noi avevamo sollecitato un passaggio che rientrava nella logica tipica dello Stato di diritto, avevamo chiesto che il Senato sollecitasse un parere alla Corte costituzionale di fronte ad alcuni dubbi avanzati sulla costituzionalità della legge Severino». Ma questa richiesta non è stata presa in considerazione. La “ferita” costituzionale ci sta tutta.

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