«Papponi, ladri, svuotate le tasche…»: tra vendoliani, Pd e grillini i panni sporchi si lavano a Montecitorio

26 Set 2013 20:06 - di Girolamo Fragalà

«Quelli che parlano di ladri e papponi sono gli stessi che poi vanno alla buvette a prendere il caffè con quei ladri e papponi». Volano gli stracci, i panni sporchi vengono lavati nell’aula di Montecitorio. Tutto fa spettacolo, i grillini lo sanno bene perché di show se ne intendono, i “compagni” vendoliani perdono le staffe, il Pd esplode di rabbia. Si accusano a vicenda, con pesanti insulti, gli alleati in pectore (secondo i sogni dei ribaltonisti) o i mancati alleati (secondo i sogni di Bersani all’indomani delle elezioni). Tutto ruota attorno al confronto sul ddl che “rivoluziona” la vita dei partiti. E il linguaggio non è certo da Orsoline. «Svuotate le vostre gonfie tasche», aveva detto Riccardo Fraccaro, dei Cinquestelle, rivolto a Sel. E il vendoliano Pilozzi aveva risposto: «Io le tasche le svuoto se me lo chiede un carabiniere». E da qui, il putiferio sui caffè presi con i ladri e i papponi. Poi la battuta colta, firmata dal deputato Pd, Gianclaudio Bressa: «Parafrasando il celebre romanzo di Harper Lee, Il buio oltre la siepe, il Movimento 5 stelle rappresenta Il buio oltre la rete». Poi vengono tirati fuori, per rafforzare le proprie tesi, i lavoratori della Fiat che devono pagare il mutuo. Ognuno se ne vuole appropriare, i grillini con l’arma delle polemiche sul finanziamento pubblico dei partiti, Sel con il diritto di primogenitura: «Noi i lavoratori della Fiat li eleggiamo in Parlamento. E non vi permettete…». Poi il Pd, sempre per replicare alle provocazioni dei Cinquestelle, attacca l’ex comico “padre-padrone” del Movimento: «La democrazia non è quella in cui c’è un leader, qualcuno che dalla Rete dietro un tabernacolo detta la linea e tutti gli altri ad applaudire. Spiegate ai vostri capi che la democrazia ha bisogno di organismi partecipativi per funzionare». Tutto questo tra i deputati della sinistra e quelli della sinistra mancata. Poi irrompe il “caso Barilla”: sul finale, mentre sta parlando Alessandro Zan, deputato di Sel gay dichiarato, il leghista Gianluca Buonanno estrae dalla borsa un finocchio e lo mette in bella mostra sul suo banco. A quel punto Toni Matarrelli, altro deputato di Sel, va al banco della presidenza per chiedere di rimuovere l’ortaggio. Ma Buonanno gli si avvicina e tra i due si sfiora la rissa. Intervengono gli assistenti parlamentari, a evitare ogni contatto. Ma Buonanno, per sottrarsi alla morsa, corre fuori dall’aula. Dal Transatlantico si vede il leghista sfrecciare inseguito da un commesso e poi rientrare in aula, alla ricerca di Matarrelli. Ma il contatto fisico tra i due viene evitato. Buonanno, già noto alle cronache d’Aula per le sue iniziative, è stato più volte protagonista di interventi accesi, anche contro la Boldrini: «Ho il piacere di guardarla negli occhi oggi» e avere «occasione di dirle come lei aumenti le spese». Poi aggiunge: «Mi lasci parlare, non sono un comunista come quelli – intima, facendo riferimento ai deputati di Sel – sono contento di esser diverso».

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