Forse parlava al cellulare il macchinista del disastro di Santiago. L’accusa è «omicidio per imprudenza»
Francisco José Garzón Amo, il macchinista del treno deragliato mercoledì vicino Santiago de Compostela è accusato di «omicidio per imprudenza». Lo ha detto il ministro degli Interni spagnolo. La notizia dell’incriminazione per omicidio è stata confermata dal presidente della giunta della Galizia Alberto Nunez Feijoo. «Non poteva che essere così», ha detto precisando che «il tratto interessato dall’incidente «non è stata ancora adeguata all’alta velocità. L’adeguamento sarà completato entro il 2018. Per il resto l’alta velocità spagnola è molto buona», ha aggiunto. Intanto, fonti del commissariato di polizia hanno confermato che tra i numerosi accertamenti vi è anche quello sui tabulati del cellulare di Garzón Amo per verificare se al momento dell’incidente fosse al telefono con qualcuno e con chi. L’ipotesi è che il macchinista possa essersi distratto perché parlava al telefono cellulare.
Domani il macchinista spagnolo si presenterà davanti al magistrato inquirente, Luis Aláez, che ha 72 ore di tempo per interrogare Amo dal momento del suo arresto, avvenuto giovedì sera alle 20. In questi giorni e oggi il magistrato è intanto impegnato a completare le identificazioni di tutte le 78 vittime. Presumibilmente domattina, o al massimo nel primo pomeriggio, sentirà il macchinista, piantonato nell’ospedale di Santiago per una ferita alla fronte (suturata con 9 punti). Ieri sera Garzon Amo si era avvalso della facoltà di non rispondere agli agenti di polizia giudiziaria inviati dal magistrato per notificagli l’accusa di negligenza e per raccogliere le sue dichiarazioni. Su suggerimento del suo legale ha invece preferito non parlare con gli agenti, riservandosi di farlo direttamente con il magistrato. Nell’immediatezza dell’incidente era stato lo stesso Garzòn Amo, in una comunicazione via radio con la stazione, a rivelare che il treno viaggiava a 190 all’ora, invece degli 80 previsti.