Così “Unità” e “Manifesto” tirano il Papa per la talare
Il giorno dopo la storica visita del Papa a Lampedusa, teatro di parole di solidarietà che dalla Chiesa non sono mai mancate verso gli immigrati, a colpire di più è l’atteggiamento dei giornali apertamente schierati a sinistra che trattano il Papa come un’icona rivoluzionaria. Sia il manifesto sia L’Unità sconfinano senza tentennamenti nel territorio del linguaggio aulico: il primo titola “Santi subito” sopra una foto di immigrati che si intrattengono con Papa Francesco. L’Unità esagera mettendo in prima un richiamo quasi evangelico, che riprende il titolo del famoso romanzo di Carlo Levi: “Cristo è sbarcato a Lampedusa”. Odore d’incenso che archivia per incanto, almeno al momento, i tempi in cui il manifesto salutava l’elezione di Papa Ratzinger con il titolo “pastore tedesco” o ironizzava sul family day con vignette in cui si consigliava ai partecipanti di tenere a casa i bambini per non incappare nei preti pedofili. Ma in fondo è il classico doppiopesismo all’italiana: il Papa può oscillare da destra (quando parla contro le nozze gay) a sinistra (quanto tende la mano ai disperati sui barconi) come se fosse un qualunque addetto stampa. In questo caso, magari, l’addetto stampa di Cecile Kyenge. E ovviamente, in questo modo, si perde l’universalità del messaggio, non se ne vede la complessità, non si comprende che il messaggio è rivolto al mondo intero e non è un’interferenza nel caso specifico, quello italiano. È la vicinanza agli ultimi, come il bacio di Francesco al lebbroso. È lo spirito missionario dei gesuiti che attrezzarono le “riduzioni” del Paraguay. I partiti dovrebbero tenersi alla larga. Per rispetto e per ragioni estetiche. Tirare il Papa per la tonaca è atteggiamento fastidioso, almeno quanto quello di Radio Padania, dai cui microfoni gli ascoltatori hanno consigliato di portare gli immigrati in Vaticano.