A 40 anni dalla morte il mondo celebra il mito vitalista e intramontabile di Bruce Lee
Il 20 luglio di quarant’anni fa veniva stroncato da un edema cerebrale Bruce Lee. L’eroe cinematografico vitalista e ribelle, divenne leggenda a 33 anni, fedele al motto che muore giovane chi è caro agli dei. Era nato a San Francisco nel 1940 durante una tournée negli Stati Uniti della compagnia della quale facevano parte i suoi genitori. Gran parte dell’adolescenza la trascorse fra Hong Kong e gli Stati Uniti dove studiò al Washington State College. Laureato in filosofia aveva insegnato le arti marziali della lotta ad attori e registi. Ai suoi funerali parteciparono venticinquemila persone: James Coburn e Steve McQueen che erano stati suoi allievi ne portarono la bara al cimitero di Seattle dove venne sepolto. Morì all’apice del successo in circostanze mai del tutto chiarite, dopo che era riuscito a girare a Hollywood, I tre dell’operazione Drago: sino ad allora aveva interpretato a Hong Kong i suoi pochi film diretti da Lo Wei, Il furore della Cina colpisce ancora, Dalla Cina con furore, L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente. Dopo la sua morte, altri film vennero messi insieme montando materiali televisivi. Se fu stroncato in vita dai critici cinematografici, gli stessi che oggi osannano i film di Quentin Tarantino, incarnò nei suoi personaggi l’archetipo dell’eroe che rifugge dalla violenza, ma che è costretto a percorrerla come unica strada. Per uno strano destino, suo figlio Brandon, interprete di un film sulla vita del padre, è morto tragicamente sul set di un film, anche lui giovanissimo.