La mutazione di Beppe Grillo: da cabarettista spompato a leader fallito

4 Giu 2013 20:51 - di Aldo Di Lello

Ha menato fendenti a più non posso, Beppe Grillo, nella sua ultima  esternazione, avvenuta durante il suo tour elettorale in Sicilia. Ma i suoi bersagli privilegiati rimangono sempre i giornalisti (specialmente quelli televisivi). Stavolta però il leader del M5S pare aver perso davvero la testa. Prima ha fatto  “oscurare” le telecamere della Rai con le bandiere del movimento, poi ha attaccato a  testa bassa Lucia Annunziata e Andrea Vianello, evocando , dulcis in fundo,  nientemeno che lo spettro della P2 per censurare il fatto che il tema del presidenzialismo sta riprendendo quota nel dibattito politico. L’ossessione per i giornalisti è poi proseguita sul blog attraverso una sorta di “referendum” tra i militanti grillini, ai quali è stato chiesto chi  fosse secondo loro il conduttore televisivo più fazioso. Sconcertante ( e a suo modo divertente) la risposta: è risultato che Santoro sarebbe  di gran lunga meno fazioso di Floris e Vespa (cui spetterebbe il titolo).

La confusione mentale regna sovrana tra i sostenitori. E, per quanto riguarda il leader, siamo a due passi  dal delirio. Certi sproloqui rappresentano la manifestazione eclatante del fallimento politico di Grillo. E parliamo di fallimento soprattutto per quello che riguarda la sua manifesta incapacità  di gestire l’abnorme bolla di consensi che  s’è formata intorno al Movimento 5 Stelle. Si direbbe quasi che il barbuto leader pentastellato  stia tornando al suo vecchio mestiere di  cabarettista (una trovata davvero  surreale è l’aver fatto precipitare  in pochi giorni Rodotà e la Gabanelli dalle stelle alle stalle), prendendo forse consapevolezza del fatto che la politica è una cosa tremendamente più seria della macchietta propagandata durante lo “Tsunami tour”. Nessuno può sapere oggi come andrà a finire. Ma emergono clamorosamente in superficie i limiti strutturali di un fenomeno che è cresciuto in modo abnorme solo per effetto di quella straordinaria voragine di disperazione che s’è spalancata nella società italiana negli ultimi anni. Una voragine in cui è precipitata la razionalità del discorso politico e la speranza nel cambiamento.

C’è da aggiungere che l’avvento del “messia” Grillo ha avuto i suoi bravi “Giovanni Battista”ad annunciarlo. A partire da quella  coppia di penne all’arrabbiata (Gian Antonio Stella  e Sergio Rizzo) che da sei anni  sta rompendo l’anima agli italiani con questa ossessione della “casta”. Senza che a nessuno sia mai venuto in mente di precisare (o, se lo ha fatto, è stato accompagnato da un assordante silenzio) che, in fondo, la vera “casta”, quella degli “inamovibili”, è fatta dai poteri esterni alla politica: da quello finanziario a quello burocratico: i famosi “poteri forti”, un esclusivo club nel quale il guru Casaleggio, sodale di Grillo, (che sembra un incrocio tra John Lennon e Luciano Benetton) aspira evidentemente a entrare.

A far crescere la “bolla” hanno poi provveduto gli scandali degli ultimi anni, che hanno  perlopiù visto per protagonisti  grotteschi rubagalline e squallidi  lestofanti  (neanche i ladri sono più quelli di una volta). E non ci sono più nemmeno profeti visionari in giro. Solo un Paese spiritualmente depresso come l’Italia poteva scambiare per “messia” un cabarettista spompato. Ma ora gli applausi a scena aperta si fanno  sempre più radi. E lo spettacolo non prevede più tante repliche.

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