Zanda: il testo del Pd per riformare i partiti non è contro il M5S, ma siamo pronti a ritirarlo
«Sono stupito, mi sembra una polemica del tutto strumentale, si tratta di un testo che ho sottoscritto per migliorare l’ordinamento, non per punire questo o quel partito. Se questa è l’interpretazione, non ho alcun interesse a mantenere il provvedimento». Fa marcia indietro Luigi Zanda, accusato nelle scorse ore di aver presentato un disegno di legge contra Grillum, quello, prima firmataria Anna Finocchiaro, che consente la partecipazione alle elezioni ai soli partiti che abbiano «personalità giuridica» e uno statuto pubblicato in Gazzetta ufficiale. Niente di particolarmente scandaloso se non si inserisse in un quadro politico incandescente con il movimento Cinquestelle passato dal vaffa al vittimismo, in una guerra strisciante con i compagni di via del Nazareno. Si spiega così (per sgonfiare le polemiche), la mossa del presidente dei senatori democratici, pronto al ritiro del testo depositato a Palazzo Madama e già presentato nella scorsa legislatura, quando – chiarisce Zanda – «il movimento Cinque Stelle non erano nemmeno in Parlamento». Anna Finocchiaro preferisce non tornarci sopra, aveva già chiarito che si tratta «dell’attuazione, più volte anche dal Capo dello Stato, di una decisione dei costituenti di particolare rilievo. Insomma, non è una proposta di chiusura, anzi». Zanda è pronto a soprassedere, ma il ddl – insiste – non fa una piega. «Ha un obiettivo molto trasparente, dare attuazione all’articolo 49 della Costituzione con norme sulla democrazia interna ai partiti e sulla trasparenza dei loro bilanci». L’articolo 49, «a quasi 70 anni dalla Costituzione non è stato attuato quando invece la sua applicazione aiuterebbe l’Italia a diventare una democrazia compiuta». Intervistato da La Stampa e da Repubblica giura di non voler danneggiare nessuno. «Non ci pensiamo neanche a fare battaglie di vita o di morte su questo testo». Sul terreno scivoloso del profilo giuridico dei partiti, il Pd viene attaccato anche dal fuoco amico di Matteo Renzi, che ha accusato la dirigenza di un altro autogol. «Così li fanno vincere», ha detto il sindaco scuotendo la testa dal salotto di Bruno Vespa. Grillo, infatti, si è tuffato a corpo morto sulla notizia della proposta di legge: non siamo un partito e non vogliamo diventarlo e non possiamo essere costretti a farlo. E giù minacce del tipo «allora non ci ripresentiamo alle elezioni, prendetevi la responsabilità di lasciare milioni di cittadini senza rappresentanza e le conseguenze sociali che comporterà». Eppure lo spirito della proposta di legge dovrebbe piacere al movimento che fa del rinnovamento e della moralità il suo fiore all’occhiello. Vengono previste norme severe sia per gli incarichi di partito (che devono garantire anche la parità di genere) sia per quelli esterni al partito (c’é un tetto ai mandati o il conferimento «a tempo determinato» delle funzioni di vertice). E poi l’obbligo di trasparenza sui conti, con tanto di pubblicazione online e di certificazione esterna e controllo da parte della Corte dei Conti e delle Camere. Infine, il 5% del rimborso deve essere obbligatoriamente utilizzato dai partiti per favorire l’accesso dei giovani alla politica.