Se Biscardi chiede di votare la figlia (e Alemanno) è uno scandalo. Se lo fa Franceschini è normale…

22 Mag 2013 10:49 - di Luca Maurelli

«Sì, sono la figlia di Aldo Biscardi, e quindi?». Lo “sgup”, per dirla proprio alla Biscardi, è del quotidiano Il Fatto che – pensate un po’ –  ha scoperto che la figlia del popolare giornalista porta il nome del padre. E si candida nella lista civica a sostegno di Gianni Alemanno. Informazioni sensibili attinte da fonti riservatissime da agenti-cronisti della Spectre all’amatriciana capaci di violare i muri di gomma dell’anagrafe, di Google, delle liste segretissime appese alle pareti del Campidoglio. Uno “sgup” paragonabile a quella della finta agenda rossa di Borsellino (ma era un parasole!) filmata sul luogo della strage, proposta dai giornali di sinistra come una rivelazione sensazionale e poi rivelatasi una bufala clamorosa. Capita.

La notizia della candidatura della figlia del “rosso” animatore del Processo del Lunedì, Antonella Biscardi, era altrettanto appetitosa per il quotidiano di Travaglio e company, che l’ha addirittura intervistata, ironizzando sul fatto che Aldone avesse fatto ammesso che in giro si doveva sapere che fosse sua figlia, “altrimenti chi la vota?”. A parte la sincerità e un profilo non in linea con l’intellighentia di sinistra che frequenta il giro delle marchette tv da Fazio e dalla Dandini, Biscardi ha soprattutto la colpa di essere amico personale di Berlusconi e di raccogliere le sue confidenze segrete, che poi puntualmente rivela in tv. Come quella sull’addio del tecnico Allegri al Milan, che a sinistra viene letto come l’ennesimo atto di prevaricazione del Cavaliere, una sorta di Allegricidio. Ma le colpe dei padri ricadono sui figli? Sì. Anche perché la povera Antonella di colpe ne ha altrettante, almeno tre, più o meno le stesse di Aldo: portare il cognome del padre, sostenere Alemanno ed avere lo stesso Dna di una amico del Cavaliere.

La raccomandazione un po’ nepotistica, dunque, indigna molto a sinistra, ma solo quando è di destra. Perché sullo stesso quotidiano (e tantomeno sugli altri di area più o meno contigua) non c’è una sola riga sull’sms che il big del Pd, Dario Franceschini, sta facendo circolare tra gli elettori capitolini: «Caro amico, se voti a Roma posso proporti di dare la preferenza a Michela di Biase, la mia compagna, che si candida in consiglio comunale? Dario», è il testo del messaggio rivelato da un sito di gossip politico. Nulla, sul Fatto, neanche sulle raccomandazioni svelate dal Corriere della Sera e di cui è stato protagonista Luigi Zanda il nemico numero uno del Cavaliere tra le file del Pd. Qualche anno fa, lettera canta, Zanda chiedeva al presidente dell’Ama di favorire l’assunzione di un amico. Nel segno del più classico dei rituali italiani, il “Mi manda Zandone”.

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