“Panorama” di condanne: 8 mesi al direttore, un anno all’autore dell’articolo. «Diffamò il giudice Messineo»
«Il delitto? Aver osato esprimere un parere circa la politicizzazione dei magistrati della procura di Palermo». Maurizio Gasparri sintetizza icasticamente la sentenza di condanna da parte del tribunale di Milano del direttore di Panorama, Giorgio Mulé (8 mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena) e dell’autore dell’articolo incriminato Andrea Marcenaro (un anno di reclusione). Mulé è stato condannato per omesso controllo in relazione alla diffamazione contestata a Marcenaro, autore dell’articolo sul procuratore di Palermo Francesco Messineo dal titolo “Ridateci Caselli”. Il giudice monocratico di Milano, Caterina Interlandi, ha anche disposto un risarcimento di 20mila euro a favore del procuratore di Palermo. La sentenza è di primo grado, quindi, prima che la pena diventi definitiva dovrà superare il vaglio della Corte d’Appello di Milano e della Cassazione. «Una condanna assurda – aggiunge Gasparri – ancora più grave perché non viene applicata la condizionale. Altro che bavaglio. Si vogliono i giornalisti in carcere appena osano toccare la casta dei magistrati. Ci auguriamo che nei successivi gradi di giudizio questa sentenza sia ribaltata e ristabilita giustizia. A Mulé e a tutta la redazione di Panorama – conclude il vicepresidente del Senato – la più convinta solidarietà».
Da Strasburgo Deborah Bergamini ha annunciato l’intenzione di «segnalare le preoccupanti sentenze che riguardano Mulé e Marcenaro, così come ho già fatto per il caso Sallusti, alla Commissione Cultura del Consiglio d’Europa che sta predisponendo un rapporto sulla libertà dei media negli Stati membri. Sentenze che testimoniano – denuncia il deputato del Pdl – uno stato di tensione crescente nel nostro Paese e ormai evidentemente lesivo della libertà di stampa, soprattutto quando quest’ultima si permette di esercitare il proprio diritto di critica nei confronti della magistratura». Per Mariastella Gelmini, vicecapogruppo vicario Pdl alla Camera, «la sentenza di primo grado per diffamazione a mezzo stampa rientra in un disegno politico assurdo e distorto che consiste nel condannare in modo obliquo sempre e comunque la stampa di centrodestra. Un silenzio assordante accompagna questo attacco strumentale alla libertà di stampa: dove sono – chiede la Gelmini – i presunti paladini della stampa libera, ora che non si parla di intercettazioni? E dove sono i soloni dell’informazione che si stracciano le vesti?».