La resistibile ascesa di Grillo è finita. Si è messo fuori gioco ed ha rinunciato a fare politica

21 Mag 2013 9:43 - di Gennaro Malgieri

Le piazze si sono svuotate. I sondaggi sono inclementi. Perfino chi gli era vicino lo abbandona. La parabola di Beppe Grillo e del suo Movimento ha imboccato la strada che porta alla fine di un sogno populista senza prospettive? Sembra di sì. A giudicare dalle folle che disertano i comizi del capo e dalla rapida caduta nei sondaggi di opinione (ben lontani da quel trenta per cento che si si immaginava soltanto un mese fa), bisogna concludere, realisticamente, che l’appeal dei Cinquestelle è quantomeno appannato e l’avvenire è tutt’altro che roseo con le casse vuote ed i militanti che disertano manifestazioni e collette. Lo si poteva facilmente prevedere. Quando ha avuto la possibilità di “fare politica” il Movimento ha opposto un secco rifiuto immaginando che avrebbe potuto fare il bello ed il cattivo tempo nelle Aule parlamentari. Si è invece trovato fuori gioco e la gente che gli ha dato fiducia manifesta tutta la sua insoddisfazione.

La politica, comunque la si pensi, è un’arte complessa. E perfino l’opposizione va esercitata con sapienza: non s’impara dall’oggi al domani, insomma, e qualche proposta sensata e praticabile bisogna pur farla. Se tutto si riduce a dispute sulle diarie, sugli scontrini e sull’ammontare dell’ indennità, non ci si può poi lamentare se una supposta supporter di lusso, che i grillini volevano addirittura alla presidenza della Repubblica, come Milena Gabanelli, li sbertuccia e chiede trasparenza dei bilanci e dell’ utilizzo delle risorse economiche, provocando uno tsunami (immagine sinistra che piace a Grillo) nel M5S.

Quella stessa trasparenza invocata dalla proposta di legge presentata dai senatori del Partito democratico (che stanno però pensando al ritiro del testo) sull’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione che prevede il riconoscimento giuridico dei partiti politici che, con tutta evidenza, porrebbe il M5S fuori dall’alveo della politica parlamentare. Non è una novità per fare fuori Grillo, comunque. Da decenni s’invocano misure che dotino le formazioni politiche di “personalità giuridica”. Molti scandali sarebbero stati evitati se ci si fosse mossi per tempo. Ricordiamo che il vecchio Movimento Sociale Italiano in ogni legislatura presentava proposte di legge in tal senso che neppure arrivavano all’esame delle Commissioni di merito. Forse il fondo si è toccato ed i partiti devono dimostrare di essere associazioni democratiche fornite di statuti chiari, regolate al proprio interno da norme inattaccabili sotto il profilo della legittimità e della legalità.

Grillo si ribella? Affari suoi. Minacciando di non ripresentarsi alle elezioni dimostra la sua alta considerazione della democrazia. Si può, del resto, fare politica in tanti modi: non è necessario conquistare seggi in Parlamento o nelle amministrazioni periferiche. Quel che è grave è che il comico, con grave sprezzo delle parole che usa, paventi rischiose “conseguenze sociali” se il provvedimento dovesse essere approvato.

La reazione di Grillo rispetto a tutto ciò che gli sta accadendo non è frutto di un complotto ai danni del suo movimento. Ma la conseguenza dell’impoliticità dello stesso. Ampiamente dimostrata. E se non se ne accorge, non è colpa degli altri, dei “nemici”, ma soltanto di un Movimento che è arrivato in poche settimate sull’orlo di una crisi di nervi per via delle paventate spaccature che possono portarlo all’implosione. Del resto, come si fa a gestire gruppi parlamentari cacciando deputati e senatori, minacciando sanzioni per chi non segue regole dettate dal capo supremo, accapigliandosi sulle prebende e praticando l’isolamento politico come estrema arma a difesa della presunta integrità di un Movimento che non intende confondersi con nessun altro?

Nei giorni caldi dell’elezione presidenziale sembrava che i Cinquestelle avessero in mano il Paese e ancor di più prima, quando Bersani li corteggiava in maniera ridicola e si faceva ridicolizzare in diretta streaming. Poi, perduta l’occasione di diventare un soggetto politico “normale” perché immaginava di perdere smalto, è andato sbiadendo. Quel venti per cento che i sondaggi gli attribuiscono non tarderà ad assottigliarsi. E già alle amministrative di domenica prossima si vedranno gli effetti della resistibile ascesa di un fenomeno frutto del malessere che non è stato capace di trasformarsi in forza politica.

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