La “mina Giachetti” sulle larghe intese. Pd e Pdl sospettano di Renzi: è lui a manovrare contro il governo
La fronda interna al Pd, quella che potrebbe alla lunga creare più di un problema al governo Letta, è uscita allo scoperto con la famigerata “mozione Giachetti”. Un testo che propone il ritorno al Mattarellum e sul quale il deputato renziano ha raccolto un centinaio di firme (tra Pd e Sel ma anche quella di Antonio Martino del Pdl). Una mossa giudicata azzardata dai vertici del Pd che vi hanno immediatamente visto una manovra orchestrata dai renziani per mettere in difficoltà l’esecutivo. Di qui la richiesta – senza esito – a Giachetti di ritirare la mozione. È seguita la riunione del gruppo alla Camera con il presidente dei deputati democratici Roberto Speranza che ha chiesto di non spaccare il partito e che ha invitato ancora al ritiro della mozione. Dinanzi all’ostinazione di Giachetti al Pd (in suo favore hanno votato 34 deputati, tutti renziani con l’aggiunta di Pippo Civati e di due prodiani) non è rimasto altro da fare che dichiarare un voto contrario da parte dei democratici mentre lo stesso premier Letta, nel suo intervento nell’aula di Montecitorio sulle riforme, invitava ancora il deputato ribelle a ritirare la sua mozione. In caso contrario, ha detto il premier, il governo darà parere negativo.
L’ennesimo no di Giachetti (“non ritiro la mozione”, ha risposto a Letta) ha destato preoccupazione anche nel Pdl, che intravede nella fibrillazione interna al Pd il segnale di un possibile sfaldamento della maggioranza. “La mozione Giachetti – ha commentato Renato Brunetta, capogruppo Pdl alla Camera – è la fotografia sintomatica delle contraddizioni all’interno del Partito democratico. Una parte del Pd è con il governo, un’altra parte non si sa con cosa o con chi”. Brunetta sottolinea che in questa situazione c’è “un’unica certezza: da un mese a questa parte, da quando è nato il governo Letta, il Pdl ha dimostrato in molteplici e ripetute occasioni il proprio senso di responsabilità ed il proprio appoggio convinto a questo esecutivo di grande coalizione. Il Pd – osserva – spesso ha fatto tutt’altro. E i casi da citare sarebbero innumerevoli: uno per tutti – ricorda Brunetta – la votazione per la presidenza della Commissione Giustizia al Senato, storia che tutti conosciamo. Il neosegretario Epifani deve fare una volta per tutte chiarezza tra varie anime e fazioni del suo partito. Il Pd deve decidersi: o è di Letta, o è di lotta. Renzi non datur”.
A finire nel mirino è dunque ancora una volta Matteo Renzi. Ci sarebbe il sindaco di Firenze dietro quello che Anna Finocchiaro ha definito un “atto di prepotenza” e anche nel Pdl si ritiene che sia Renzi a manovrare per indebolire le larghe intese e rilanciarsi al congresso come salvatore della Patria e della sinistra. “Renzi punta alle elezioni”, chiosa un lapidario Fabrizio Cicchitto. E se in aula è Giachetti a fare il paladino della strategia renziana, da Firenze il primo cittadino non se ne sta con le mani in mano. Come annuncia Europa da domani partirà il suo booktour: approfittando della presentazione del suo libro Oltre la rottamazione Renzi punta a ripetere lo schema delle primarie. Il primo appuntamento è dunque per domani all’Ara Pacis. Un evento che richiamerà curiosi e commentatori, tutti lì ad ascoltare le intenzioni del “guastatore” Renzi. E per Letta non è l’unica grana. 43 parlamentari del suo partito hanno sottoscritto un documento in cui dissentono sull’iter delle riforme e sui contenuti, indicato nella mozione di maggioranza. Tra le sei critiche una riguarda la “mancata cancellazione” del Porcellum. Tra le firme anche quella di Rosy Bindi e Laura Puppato. In serata la mozione Giachetti è stata votata e respinta con 415 no contro 139 sì.