In Pakistan vince Sharif. A lui il compito di far ripartire il Paese
Cala a poco a poco il sipario sulle elezioni generali pachistane, mentre una sorta di ‘quiete dopo la tempesta’ si è impossessata del Paese, dopo le violenze ed i 40 morti della giornata di votazioni che ha consegnato lo scettro di premier a Nawaz Sharif, il leader della Lega musulmana pachistana, pronto a costituire il terzo governo della sua trentennale carriera. “Avrebbe voluto farlo da solo”, confessano i suoi, ma a giudicare dall’elaborazione dei dati elettorali offerti dalle tv, i 125 seggi finora raccolti non basteranno, anche dopo la distribuzione proporzionale dei 60 seggi destinati alle donne, a fargli avere la maggioranza assoluta (172) per organizzare un solido ‘monocolore’. Sharif, conosciuto anche come il ‘Leone del Punjab’, ha rivendicato subito la vittoria e il suo principale avversario, l’ex campione di cricket prestato alla politica e leader del Movimento per la giustizia (Pti), Imran Khan, gliel’ha concessa, accompagnandola però da una grave denuncia da Lahore, dove si trova in ospedale dopo la caduta da un palco la settimana scorsa. “Sul processo elettorale – ha sostenuto – vi sono forti sospetti di brogli”. Nessuno dei commentatori si è sorpreso più di tanto per queste parole, se si pensa che nell’informatizzazione delle liste elettorali, la Commissione elettorale ha scoperto i nomi falsi di ben 35 milioni di persone. E’ difficile che il futuro premier possa, o voglia, convincere a collaborare il Pti o il Partito del popolo pachistano (Ppp), capo della coalizione uscente e grande sconfitto di questo scrutinio. Sarà invece per lui molto più facile pescare fra le decine di candidati indipendenti, sempre disponibili a prestarsi a vantaggiosi accordi. Lo conferma l’analista e giornalista pachistano Umar Cheema, secondo cui “il vero problema di Nawaz non sarà la formazione del governo, ma la sua gestione”. Trattandosi di “un politico vecchio davanti a problemi nuovi”, ha aggiunto, potrebbe avere qualche difficoltà a gestire il dialogo con l’opposizione. E in particolare con quella del Pti e di Khan, che non sembra disponibile a piegarsi al gioco finora svolto dalle grandi famiglie pachistane, gli Sharif e i Bhutto, che hanno convissuto nell’attesa pragmatica di una alternanza al potere.