Il “manifesto” boccia Povia, il “fascista che fa oh”. La colpa? Omofobo e patriottico

27 Mag 2013 13:59 - di Gloria Sabatini

«Quando i fascisti fanno oh». Addirittura? Lui si starà facendo una risata con quegli occhi tagliati un po’ così e magari tra un po’ scriverà una canzone su quei compagni del Manifesto che lo hanno accusato di tutte le nefandezze possibili. Fascismo di ritorno e «cospirazionismo». È questo l’ultimo attacco a Giuseppe Povia, reo di avere una famiglia normale e di nutrire per l’Italia un eccessivo amor di patria, sempre sgradito alla sinistra sinceramente internazionalista. «Il look rimane lo stesso – scrive il quotidiano comunista –  lunghi capelli biondi, vestiti semplici e colori chiari, non cambia neanche lo stile musicale, rime facili, pop orecchiabile, solare e smielato». E fin qui, siamo alla descrizione fisica che non produce sobbalzi, niente croci celtiche al collo, nessun tatuaggio con la foto del duce. «Dopo la canzone esplicitamente omofoba e le polemiche che ne seguono – leggiamo dal manifesto – Povia con Come fai mette in musica le sue teorie cospirazioniste: “Ma dimmi un po’ come fai? Piloti le opinioni con false informazioni”. E ancora “Un solo governo mondiale una sola moneta da fare girare. La tua vita controllare i tuoi soldi controllare». Temi che in realtà dovrebbero piacere alla gauche anti-sistema e toccare le corde grilline. Ma si tratta di Povia e allora giù bordate dal foglio di “indirizzo comunista”. Ma il peccato mortale è l’ospitata alla radio web di CasaPound, dove esprime «vedute simili» al pericoloso movimento che il giornalista definisce «post-fascista»: sul mondo, le banche, il mondialismo, il multiculturalismo. «Dopo la sua canzone,  riprende la normale programmazione della web radio: nazirock e musica identitaria. Ma per Povia nessun problema…».

Il musicista milanese non è nuovo a subire bordate per le sue posizioni “normali”, più che tradizionaliste. Un matrimonio, dei figli, la fede cattolica. Dopo Luca era gay Povia è controllato a vista, polemiche anche per La verità, il brano ispirato alla vicenda di Eluana Englaro. Il tour che sta portando in giro in questi giorni, dal titolo Siamo italiani, è davvero troppo. «Sono un cantautore – spiega – e sento che il mio compito è quello di raccontare e descrivere, secondo il mio punto di vista, quello che succede nel mondo cercando di scrivere delle canzoni letterariamente eterne e sempre attuali». Oggi che sfodera il suo nazionalismo convinto, è decisamente da buttare. È di qualche giorno fa la cronaca di un suo post su facebook che recitava così “Cecile Kyenge ministro? L’Italia finirà ai cinesi”, prosegue il processo del manifesto. Il post è stato rimosso dall’autore dopo la pioggia di polemiche, ma non lo ha mai rinnegato. A quando accuse di nazismo e razzismo biologico?

 

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