Il fallimento del multiculturalismo britannico
Era un cristiano convertito, con un perfetto accento londinese, l’islamico di colore che ha sgozzato il militare inglese a Londra. Il suo video con le mani insanguinate e il machete non ce lo dimenticheremo per tanto tempo. A Woolwich è andato in onda uno spettacolo macabro. Ma anche un avvertimento. David Cameron ha detto che quel ragazzo di colore ha tradito l’Islam. Il premier conservatore (ai minimi di popolarità nei sondaggi e nella base Tory) ha difeso la comunità musulmana e ha detto che il modo migliore per superare questo momento è “business as usual”. Sostanzialmente andare avanti come se nulla fosse successo. Stile british. Meglio di qualunque sceneggiata, sia chiaro. Ma nemmeno si può continuare a sottovalutare.
Quel ragazzo era un cristiano poi convertitosi all’Islam. Mentre il proselitismo cristiano viene visto con imbarazzo, quello islamico va avanti. La decristianizzazione dell’Europa sta diventando realtà. In Germania i cattolici son diventati più dei protestanti: ma solo perché i seguaci di Lutero si son dimezzati dal 1950 ad oggi. Mentre sempre più spesso interi quartieri delle nostre città sono diventati enclave di minoranze etniche, religiose, culturali, che si chiudono a riccio e non intendono integrarsi e fare propri i valori europei. Anche perché quali sono questi valori? Viviamo in un’Europa che si occupa di misure di banane, cetrioli e di etichette dell’olio oliva, ma la burocrazia di Bruxelles non si cura di quanto sta accadendo nelle periferie della civilissima Stoccolma, fino a poco tempo fa punto di riferimento dell’integrazione multiculturalista, politicamente corretta e a-religiosa e oggi teatro di una vera e propria guerra urbana.
Per decenni il multiculturalismo sembrava aver funzionato: a ognuno il suo quartiere, ci sono poche norme da rispettare, tutti sono uguali dinanzi alla legge (più o meno). Meglio anche del modello francese, che si basava su un confinamento delle differenze nello spazio privato. Il modello inglese o scandinavo era diverso. Tolleranza per tutti, ma alla fine bisogna abbracciare i valori di quel Paese anche se provenienti da culture diverse, che erano messe tutto sullo stesso piano. Gli inglesi son stati agevolati in questo dalla loro straordinaria storia imperiale, ma il giochino è scoppiato anche a loro. E a casa loro. Il rispetto della democrazia come mero dato giuridico-formale può essere la fine dell’Europa. Ridurre un Paese, con la sua storia, la sua identità, i suoi valori a uno stato burocratico e al diritto di voto, è un errore da matita blu. Aver confinato la religione cristiana a fatto privato, aver nascosto l’identità europea nei cassetti della burocrazia di Bruxelles in nome di una finta tolleranza, aver ridotto le nostre Nazioni a meri enti pubblici che distribuiscono welfare a tutti, sta distruggendo il vecchio continente. Non si vive di sola economia, per quanto anche quella vada malissimo, in Europa. Serve un risveglio culturale, sociale e identitario per non creare più ghetti politicamente corretti, formalmente legittimi, ma poi di fatto intolleranti e intollerabili. Se vogliamo evitare che il nostro Vecchio Continente non diventi l’Eurabia paventata qualche anno fa da Oriana Fallaci, la soluzione è riscoprire l’identità europea, offrirla a chi europeo non è conquistare i cuori degli “altri”. Perché il rispetto di chi è diverso da noi non passa attraverso la cancellazione della nostra identità.