Un reportage racconta l’orrore nei campi di lavoro della Cina comunista

9 Apr 2013 13:51 - di

Torturate, malnutrite, costrette a turni di lavoro massacranti, private di qualsiasi diritto. Questo il drammatico ritratto delle prigioniere dei campi di lavoro – i famigerati “laogai” – nella provincia settentrionale cinese del Liaoning, reso noto dal reportage di “Lens”, una rivista cinese, basato sui racconti di attivisti, ex funzionari dei campi ed ex prigionieri. Si parla in particolare del campo femminile di Masanjia, vicino Shenyang, che ospita la maggior parte delle prigioniere del Liaoning e che è solo uno degli oltre 300 campi di lavoro cinesi, dove la polizia può rinchiudere anche senza processo le persone per un periodo fino a quattro anni. Dai racconti raccolti da “Lens” emerge un quadro di orrore, dove le prigioniere vengono torturate con scariche elettriche che in alcuni casi portano al danneggiamento dei nervi e a danni permanenti. La legge sui campi di lavoro prevede che le scariche elettriche possano essere utilizzate dagli agenti sui prigionieri solo in caso di rivolta o grave insubordinazione. Ma spesso non è così. Il ricorso a questo tipo di tortura è infatti piuttosto comune e frequente. Altre prigioniere hanno invece raccontato di essere state ammanettate, anche per più di una settimana, a barre di ferro o cancelli. Alcune hanno dichiarato di essere state ammanettate con entrambe le mani sopra la testa senza essere in grado di toccare il suolo con i piedi. E poi turni massacranti di lavoro, anche di 12-14 ore senza interruzione (a fronte delle sei ore previste) e senza essere mai retribuite. Peng Daiming, ex amministratore del campo, ha rivelato che c’erano oltre 5.000 prigionieri, e che grazie al loro lavoro si otteneva un reddito di oltre 100 milioni di yuan all’anno (oltre 10 milioni di euro). Non solo poi i prigionieri non vengono retribuiti, ma vengono anche malnutriti e non curati se malati. Alcune ex prigioniere hanno riferito che il pasto giornaliero consisteva solo in una manciata di riso, spesso neanche ben cotto, e qualche verdura. Una piccola porzione di carne veniva loro data solo alla domenica. Il rapporto, raro sguardo all’interno di quello che realmente accade in un campo di lavoro cinese, è stato rimosso da tutti i portali di news del web cinese, solo poche ore dopo che era stato pubblicato e diffuso. Negli ultimi mesi, con il cambio della guardia ai vertici del Partito Comunista e dello Stato, si è molto parlato della possibile chiusura dei laogai. Di recente è stato proprio il neo premier Li Keqiang, nella sua prima conferenza stampa da capo del governo cinese, a confermare esplicitamente che Pechino “sta lavorando” in questo senso e che i laogai potrebbero essere aboliti entro la fine dell’anno, consegnando i loro orrori alla storia.

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