In un dvd l’omaggio a Carlo Alianallo, il narratore che restituì dignità ai vinti del Meridione

3 Apr 2013 20:58 - di Renato Berio

Il primo aprile del 1981 moriva Carlo Alianello, scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, rimasto a lungo nell’ombra perché considerato poco rispettoso delle patrie memorie, mentre solo di recente la critica lo ha rivalutato apprezzandolo come uno dei maggiori scrittori del novecento italiano.  Viene infatti considerato il capostipite del revisionismo risorgimentale e le sue opere più celebri (L’eredità della Priora, Soldati del Re, La Conquista del Sud, L’Alfiere…) sono da decenni un punto di riferimento per gli studiosi della questione meridionale.

In veste di sceneggiatore collaborò con registi del calibro di Luchino Visconti, Augusto Genina, Roberto Rossellini e Anton Giulio Majano, il quale si ispirò alle sue opere per la realizzazione di sceneggiati televisivi rimasti celebri (L’Alfiere, L’eredità della Priora). Il suo obiettivo storico era la rivisitazione del processo risorgimentale con particolare riguardo all’invasione del Regno delle Due Sicilie, colto come un momento drammatico nel quale una potenza straniera occupa uno stato sovrano. Nei suoi scritti Alianello, distinguendosi per il suo tono tagliente e dissacrante, accusò i vincitori di manipolazione storica, ma senza rinnegare il fatto compiuto dell’unificazione, con l’unico scopo di chiarire come si svolse il processo di unificazione e di rivendicare la dignità delle genti del Meridione d’Italia. A cura delle edizioni Il Cerchio e in collaborazione con Identità europea è stato realizzato un dvd di 50 minuti sulla sua vita e sulla sua opera (Carlo Alianello, la voce dei vinti) che si articola tra vita privata, produzione narrativa e significato storico-politico dell’opera dell’autore, raccontando la sua vicenda umana e letteraria, recandosi nei luoghi da egli vissuti e descritti, in particolare nella sua amatissima Lucania. Privo di una propria voce recitante, l’opera affida la narrazione ai numerosi intervistati, soprattutto a quattro dei suoi figli e a diversi studiosi che, da punti di vista diversi e a tratti contrapposti, affrontano i vari aspetti della complessità dello scrittore, quello letterario, quello storico-politico, quello prettamente linguistico, quello religioso.

Di se stesso Alianello diceva: “Il mio talento è quello di narratore di favole, di cantastorie o, se si preferisce, di aedo”. Lo scopo della sua narrazione era quello di rendere accessibile a tutti, con la semplicità del linguaggio e l’interesse dell’intreccio, vicende che la storia ufficiale ha voluto cancellare (le cosiddette insorgenze e il fenomeno del brigantaggio) e che possono essere rese note più facilmente sotto l’aspetto di romanzi storici piuttosto che attraverso imponenti saggi che non potrebbero mai raggiungere un vasto pubblico.

Uno dei suoi romanzi più noti, L’Alfiere, fu pubblicato nel 1942 e conobbe un grande successo (e nel 1956 divenne uno sceneggiato televisivo in sei puntate), tanto da essere considerato quasi un testo premonitore dai combattenti coinvolti nella guerra civile. La leggenda vuole che molti soldati della Repubblica Sociale lo portassero con sè: negli avvenimenti dell’invasione sabauda e della conseguente guerra civile del 1860 essi vedevano rispecchiate le loro vicende e si identificavano in chi, come l’alfiere Giuseppe Lancia, aveva deciso di mantenere fede all’impegno preso con il giuramento militare. Li accomunava anche lo stesso tipo di guerra, destinata ad essere perduta ma capace di donare nobiltà alla sconfitta. È del 1963, invece, L’eredità della priora, romanzo basato su una approfondita ricerca storica che costituisce un atto d’accusa contro la repressione feroce del brigantaggio da parte dell’esercito piemontese nei territori del Regno delle

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