Il Pd alle prese con la fronda interna. Ecco il primo nodo da sciogliere

26 Apr 2013 11:25 - di Gloria Sabatini

Più che allo scongelamento dei grillini, Enrico Letta farebbe bene a pensare – e certamente lo sta facendo – al suo partito che potrebbe rovinargli la festa e mandare all’aria quel governo si appresta a mettere in piedi come ultima possibilità prima del voto. Un gruppetto di parlamentari di via del Nazareno potrebbero non dargli la fiducia.

Fantapolitica? Non proprio dopo la pessima performance con Prodi, e infatti i vertici, ma segretario e presidente sono dimissionari,  hanno già avvisato che chi non segue le direttive, stavolta sarà messo alla porta. Basta commedie, tessere bruciate, giochi pericolosi nel segreto dell’urna anche perché la pazienza di Napolitano non è illimitata. Ufficialmente sono 21 i componenti della direzione di via del Nazareno che venerdì si sono apertamente dichiarati contrari a un esecutivo insieme al Pdl, ma i parlamentari pasdaran, quelli che “con Silvio mai”, sono sicuramente di più.  Il lettiano Francesco Boccia è stato il primo a ricordare che «ci sono delle regole che vanno rispettate ed è chiaro che chi non dovesse votare la fiducia sarebbe fuori dal partito», scatenando un putiferio. «Chi sta in maniera  pubblica sostenendo atteggiamenti negativi nei confronti del tentativo di Letta è una esigua minoranza del gruppo parlamentare», spiega Paola De Micheli, vicecapogruppo a Montecitorio, «minoranza che noi ascoltiamo con grande interesse perché sappiamo bene che è nostro dovere portare tutto il gruppo e tutto il partito su questa scelta di sostegno al governo che speriamo nasca. Ci sono ragioni comprensibili, non mi nascondo le difficoltà di accettare un ‘governo di servizio’ in una maggioranza con il centrodestra». Parole ben dosate che tradiscono la difficoltà numero uno di Letta, che al termine del giro di consultazioni con le delegazioni dei partiti parla cautamente di «nodi da sciogliere».  Non guasta ricordare – prosegue la capogruppo democratica –  che il voto di fiducia non è un voto di coscienza, che il Pd non può avere una parte del gruppo parlamentare nella maggioranza e un’altra all’opposizione e che il principio di maggioranza, nel gruppo come nel partito, vale per tutti «ed è anche codificato nelle regole che ci siamo dati». Insomma chi dovesse bocciare il governo, per quanto brutto e mescolato con i pidiellini, darebbe vita un attimo dopo a una scissione. La stessa di cui soffrirebbe lo stesso Letta a leggere Travaglio che nel suo editoriale sul Fatto quotidiano. «I Letta sono due.  Come certi medicinali, uno è a uso esterno, da esibire agli elettori nelle campagne elettorali, tutto accaldato e tonitruante contro B (Berlusconi). E l’altro, a uso interno, tutto cerimonioso e ossequiente con B., da mandare alle trattative con il Pdl». Hanno poche ore i democrat riluttanti per decidere se andare al governo con il nemico numero uno oppure alle urne, che potrebbero riservare sorprese ancora più spiacevole di quelle di due mesi fa.

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