Grillo batte anche Nanni Moretti, l’ex fustigatore divenuto emblema della vittoria mancata

2 Mar 2013 10:57 - di Redattore 54

La politica liquida, l’onda grillina, ha spazzato via le categorie di un tempo. Ha lavato via le abitudini con le quali la sinistra usava interpretare se stessa e il mondo circostante. Tra i residui che il ciclone Grillo ha trasformato in detriti inservibili c’è anche il “morettismo”, cioè quel modo di affrontare le sfide politiche alla Nanni Moretti, con quel po’ di pigrizia, disincanto e scetticismo che nascondono, in definitiva, una inestirpabile vocazione alla sconfitta. Il morettismo è una visione del mondo, più che un’ideologia. Pungente, ma rassegnata. Profonda, ma destinata all’incomunicabilità. E oggi c’è anche Nanni Moretti tra i “santini” del Pd abbattuti dal furore di un ex comico. L’idea di Grillo di seppellire tutti con una risata è risultata vincente rispetto  alla tetra estetica del disfacimento della sinistra.  Sarebbe stato meglio, in questa tornata elettorale, se Nanni Moretti si fosse tenuto in disparte, continuando a mantenere addosso alla sua figura di regista appartato e inquieto l’aureola del fustigatore dei tempi di Piazza Navona, quando tuonò contro D’Alema: “Di’ qualcosa di sinistra…”. Quando analizzava impietoso la crisi che lacerava il suo mondo: “Con questi dirigenti non vinceremo mai”. Era il 2002. Per la campagna del 2013 Nanni Moretti si è rimesso in gioco, si è presentato sul palco dell’Ambra Jovinelli accanto a Bersani, ha solo timidamente fatto capire che lo slogan “smacchiamo il giaguaro” non era adeguato. E così, da icona triste e tormentata della sinistra in crisi, Nanni Moretti e il suo pullover rosso sono divenuti il desolante contrassegno della vittoria mancata. Peccato, perché se Moretti si limitasse a circoscrivere la sua mission progressista al cinema sarebbe molto più apprezzato per le sue azzeccate profezie. Il pontefice dimissionario  di Habemus papam, la folla che si ribella ai giudici nel finale del film Il Caimano, la mancanza di senso delle ideologie ridotte a slogan conformistici nel film Palombella rossa. Proprio lì c’è una battuta da cui lo stesso regista avrebbe da imparare: “Le parole sono importanti, le parole sono importanti…”. Appunto. Mai sprecarle per un endorsement politico, mai abbassarsi a fare da comparsa sul palcoscenico truccato del partitismo abbandonando le visioni dell’arte cinematografica. Nel caso della sua comparsata al comizio di chiusura del leader del Pd vale la pena parafrasare quanto ebbe a dire del suo cinema Dino Risi: “Nanni spostati, facci vedere il film…”. Ecco, appunto, poteva spostarsi soprattutto in questo caso e lasciare che tutti vedessero come andava a finire la smacchiatura del giaguaro.

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