Scandalo Mps, tutti contro Napolitano: no alle censure

2 Feb 2013 14:19 - di Valerio Pugi

Tutti contro Napolitano per l’affare Mps: il sospetto – secondo Lega, Pdl, Rivoluzione Civile e Idv – è che il capo dello Stato voglia in qualche modo mettere la sordina allo scandalo. Il più duro è Roberto Maroni, segretario della Lega: «Conosco e stimo Napolitano, non voglio pensare questo, ma la brutta impressione è che sia sceso in campo per coprire lo scandalo Mps e attenuare i riflessi negativi che sta avendo sulle sorti elettorali del Pd». Riferendosi dell’intervento del capo dello Stato, «che chiede ai giornalisti di non parlare dello scandalo» del Monte dei Paschi, Maroni aggiunge: «Non voglio pensare che sia intervenuto per censura, però è singolare che il presidente della Repubblica si svegli adesso mentre in passato non ha mai detto una parola sulle violazioni del segreto istruttorio o del segreto delle indagini, cosa che lui richiama adesso». «Comprendiamo l’invito alla cautela del presidente – prosegue Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato – ma il suo richiamo sarebbe ancora più efficace se riconoscesse una serie di forzature gravissime che sono state fatte dal Pd nella composizione degli organi di amministrazione della fondazione e della banca, andando oltre i limiti delle leggi vigenti in materia di rapporti tra enti locali, fondazioni e sistema bancario. Tra l’altro notiamo che, in questo caso, non escono indiscrezioni dalla Procura, come invece siamo abituati a registrare in tanti altri casi. Il che è un bene, ma non vorremmo fosse frutto di una sorta di timore reverenziale nei confronti della sinistra. In questa inchiesta bisogna andare alla radice del problema. Capire, cioé, le forzature che in sede locale sono state fatte per garantire una super rappresentanza agli esponenti Pd di Comune e Provincia in sfregio alle leggi vigenti. E’ questa la prima e grave responsabilità politica che nessuno deve ignorare».

Ma anche da sinistra piovono critiche sulle parole del presidente della Repubblica. «Ci spiace dissentire, ancora una volta, dal monito del capo dello Stato – incalza Antonio Di Pietro, leader di Italia dei Valori – secondo cui la stampa e l’informazione, con riferimento a quel che è accaduto e sta accadendo intorno alla vicenda del Monte dei Paschi di Siena, non dovrebbero riportare tutto ciò di cui vengono a conoscenza perché siamo a ridosso delle elezioni e questo potrebbe incidere sull’esito delle stesse. Ritengo che tutto ciò si possa tradurre in una censura vera e propria in quanto si lede un diritto costituzionale del cittadino elettore, il quale, prima di andare a votare, ha tutto il diritto di sapere come stanno le cose, quali sono state le collusioni tra politica e affari dentro un sistema bancario non trasparente e, soprattutto, all’interno di un sistema di controlli non efficiente, se non addirittura connivente. In questo senso ci auguriamo che nessuno ostacoli la libertà d’informazione, sancita dalla Costituzione. Chiediamo al presidente della Repubblica, quale garante della nostra Carta, di fare in modo che vengano garantiti i diritti dei cittadini, tra cui quello di essere informati su chi voteranno prima delle elezioni». «Non credo che l’aspetto più grave – a detta di Antonio Ingroia, leader di Rivoluzione Civile – sia il corto circuito tra informazione e giustizia. Il corto circuito più grave è quello tra politica, banche e finanza, lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, dei soldi che non si sa dove siano finiti, che Monti abbia dato soldi al Mps togliendoli alle tasche degli italiani senza controllare come sarebbero stati spesi e che i partiti sono ancora dentro la gestione delle banche attraverso le fondazioni: queste mi sembrano le cose gravi».

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