Monti polverizzato dal voto. Restituisca il regalo ricevuto: si dimetta da senatore a vita

25 Feb 2013 20:42 - di Girolamo Fragalà

L’incantesimo è finito, nemmeno Giucas Casella riuscirebbe a fare una nuova ipnosi. Il più grande sconfitto di queste elezioni ha un nome e un cognome: Mario Monti. Gli italiani l’hanno conosciuto, l’hanno evitato e alla fine gli hanno dato il benservito. L’elettorato ha resistito – e nessuno l’aveva messo in conto, un anno fa o poco più – al martellamento quotidiano dei giornali, delle tv, dei leader (al tramonto) internazionali, al tentativo di far passare il tecnopremier come l’uomo dei miracoli, Sua Santità, Sua Sobrietà, il salvatore della patria, l’eroe dei due mondi, anzi di tre o quattro mondi, più ne metti e meglio è. Non solo, ha resistito alle minacce degli speculatori finanziari, dei poteri forti, delle lobby, di quelli che dicevano “o Monti o sarà il tracollo”. Da qui la risposta ironica del popolo del web: “La Merkel dice che, se non votiamo Monti, lei ci farà uno spread così. Ma chi se ne frega”. L’elettorato è riuscito anche a non cedere a quei sondaggi che, ogni mese, davano percentuali altissime al tecnopremier, “il più amato degli italiani”, apprezzato ora dall’80, ora dal 90 per cento della gente. Nessuno si spiegava com’era possibile un consenso a tali livelli, ma questo scrivevano (e facevano credere) i “grandi” giornali. E chi non digeriva l’azione del governo tecnico se ne restava zitto, sentendosi quasi come il brutto anatroccolo. Gli italiani hanno punito Casini e Fini, che si sono suicidati sull’altare del professore bocconiano il quale, a sua volta, invece di “salire” in politica, è scivolato. Di fronte a una bocciatura del genere, di fronte a un tracollo di questa portata, Monti dovrebbe fare un bel gesto e restituire il regalo che gli è stato fatto, dimettendosi da senatore a vita. Perché non c’è una sola ragione che giustifichi quella nomina. Né politica né elettorale.

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