La coppia Fazio-Littizzetto mette le mani avanti: la satira fa bene…
Alla vigilia del festival di Sanremo e dopo i numerosi richiami alla par condicio giunti in particolare dal Pdl la coppia Fazio-Littizzetto mette le mani avanti: “Il Festival non è impermeabile alla realtà, la satira fa bene a tutti”, dice lui. “Non si faranno prediche, ma qualche roba si dirà…”, promette lei. In pratica sembra che l’irriverente Littizzetto non abbia voglia di farsi mancare nulla e proprio dopo che Berlusconi ha chiesto lo slittamento del festival per evitare interferenze nella campagna elettorale. Un richiamo che non ha lasciato insensibile il sindaco di Sanremo Maurizio Zoccarato (Pdl), il quale si è detto disponibile a lasciare il suo posto in prima fila proprio a Silvio Berlusconi. Un’idea respinta dal direttore di Rai1 Giancarlo Leone: “Proposta suggestiva, ma inattuabile”. La normativa sulla par condicio vieta la presenza dei politici nei programmi di intrattenimento in campagna elettorale, ma la politica di sicuro farà la sua parte sul palco dell’Ariston. Sanremo e la politica rappresentano del resto un binomio solido, se si pensa che all’epoca del secondo festival, nel 1952, Papaveri e papere fu considerata un brano ‘a rischio’ perché alludeva al potere dei papaveri dell’allora Dc. Negli anni la polemica a sfondo politico, quasi sempre legata agli interventi dei comici, è diventata un ingrediente praticamente fisso del festival. Nelle passate edizioni è stato spesso Roberto Benigni a finire nel mirino: nel 1980 fece scandalo per aver rivolto al papa di allora l’epiteto ‘Wojtilaccio’. Nel 2002 il premio Oscar, in uno degli interventi più emozionanti della storia del festival, presenta una sua versione in chiave politica del Giudizio Universale e si lancia in battute sugli organi sessuali di Baudo, Berlusconi, Di Pietro, Fassino. Nel 2009 sparge battute su Berlusconi ma non risparmia Veltroni, Mina e Iva Zanicchi e, soprattutto, in difesa dell’amore omosessuale (tema al centro di un brano di Povia). Nel 2011 fa riscoprire il patriottismo all’Italia con la sua lettura dell’Inno di Mameli.
Una delle edizioni più turbolente è stata quella del 1989: Beppe Grillo distrugge il festival, attacchi feroci ai cantanti, ai giornalisti e soprattutto all’allora leader della Dc De Mita e al direttore generale della Rai Biagio Agnes. Non fu risparmiato Claudio Martelli per la vicenda di Malindi. La conclusione di Grillo, allora solo un comico, fu: “io vi faccio ridere e poi mi fanno un c …o così a me”. Il trio Solenghi-Marchesini-Lopez si beccò invece gli strali del mondo cattolico per la parodia del Vangelo e la lettera di San Remo e presentò una parodia dei figli di Andreotti che non mise di buonumore il politico. Nel 2006, anno di scambi al vetriolo tra Pippo Baudo e Fabrizio Del Noce, allora direttore di Rai1, furono Padoa Schioppa e Prodi a criticare i compensi dei conduttori del festival, guadagnandosi la risposta piccata di Baudo. Tornando indietro nel tempo, nel 1999, l’anno di Fazio conduttore e dell’intervento di Gorbaciov, Teo Teocoli si presentò sul palco in mutande imitando Gabriele Albertini. Nel 1969 Dario Fo e Franca Rame organizzarono un contro festival che avrebbe dovuto fomentare la contestazione ma gli effetti furono blandi. Proprio in questi giorni è circolata la foto di Nichi Vendola che, nel 1995, insieme ad alcuni politici e a un gruppo eterogeneo chiamato la Riserva Indiana, accompagnò l’esibizione di Sabina Guzzanti. Ma questo festival, che si celebra ad urne quasi aperte, dovrebbe consigliare a tutti prudenza e rispetto del pluralismo.