Fini ha disintegrato la destra, Casini cancella l’Udc

5 Feb 2013 20:30 - di Marcello De Angelis

C’era una volta la destra e ora, oggettivamente, non c’e’ più. Se l’Italia si dividesse in sette principati e ognuno sostenesse di essere la vera Italia, al di fuori dei diretti interessati la considerazione sarebbe  unanime: non c’è piu l’Italia. Quando il personalismo prende il posto del patriottismo si finisce così. L’io è sempre nemico del noi. E anzi lo ammazza. Senza scomodare la sociologia – che pure sull’argomento ha una convergenza assoluta – quando la competizione interna al gruppo prevale su quella contro gli altri gruppi, la fine è annunciata. Alleanza nazionale venne sciolta perché si riteneva – sondaggi alla mano – che il successo di Berlusconi avrebbe attirato molti degli elettori meno radicati della destra svuotandola di consensi. Fini ha rivendicato come un proprio grande risultato di negoziatore l’aver ottenuto il famoso rapporto settanta-trenta come condizione di ingresso. Il che, a detta di tutti, preservò alla destra una rappresentanza che di suo non sarebbe piu stata in grado di ottenere. Una volta venuto meno pero l’obbligo di stare insieme, ha prevalso la logica dell’affermazione personale ad ogni livello e il cannibalismo, soprattutto nei territori meno vigilati, di quello che fu letto immediatamente come un bottino di un terzo di tutto… La destra ha una tradizione di frammentazione pari solo nella storia a quella dei popoli arabi. Ci si ricorda di essere della stessa razza solo quando si trova il petrolio o quando si è circondati da un nemico esterno che ci vuole sterminare. Negli intervalli è  tutti contro tutti. Ora che il petrolio elettorale si va esaurendo – e comunque era proprietà privata e non di popolo… – ci siamo dimenticati anche che, in politica come in guerra, chi si divide finisce prima scaricato e poi massacrato ad uno ad uno. Alcuni aspetti dell’attuale campagna elettorale fanno pensare ai cani che si litigano l’osso che gli è stato gettato a terra dal tavolo del banchetto. Una lotta senza esclusione di colpi per accaparrarsi uno 0,1 in più a scapito dell’ex fratello, quanto basta per rientrare in Parlamento al posto suo. Con Fini che per non voler più essere subordinato a Berlusconi è finito succedaneo di Monti e accessorio di Casini. Già, Pierferdy, il grande Mazzarino della politica neo-democristiana che aveva convinto quelli del suo cerchio magico che facendo il pasdaran di Monti ci sarebbero stati posti e potere da accaparrare per tutti. E in parte l’operazione ha funzionato. In Rai l’Udc controlla due terzi dei posti e dei Tg. Molto più di quando la Dc governava col monocolore. Il costo? Lo vediamo oggi nei sondaggi che danno il suo partito al tre virgola qualcosa. Ma poco importa, lui e i suoi migliori amici sono tutelati dall’ombrello di Monti. Il partito? I suoi valori e la sua storia? Un kleenex. Solo un treno per arrivare all’aeroporto, dove salire su un nuovo jet personale di un nuovo patron. Magari con la promessa di essere co-pilota come con Berlusconi, o anche solo con la prospettiva di fare il meccanico. In questi tempi di crisi l’importante è sopravvivere. E – come insegnava Machiavelli – la prima regola della politica è esserci… Costi quel che costi.

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