Così Audrey Hepburn inventò il femminismo senza ideologia
Più che una diva, un’icona. Più che un’attrice, un modello. Un fiorire di iniziative accompagna il ventennale della morte (il 20 gennaio del 1993) di Audrey Hepburn (a Roma una rassegna dedicata ai suoi film, voluta dal cineclub Alphaville), personaggio che non ha segnato solo la storia del cinema ma anche quella del costume. Lo storico del cinema Sam Wasson, ad esempio, ha sostenuto nel suo libro Colazione con Audrey (Rizzoli) la tesi secondo cui la Hepburn avrebbe rivoluzionato con i suoi film i modelli femminili dell’America degli anni Cinquanta. Spiega Wasson: “Nell’America dove dive e donne erano condannate al binomio santa-puttana, la svitata Holly Golightly (Colazione da Tiffany, 1961), spigolosa e seducente, scaltra e disarmante, fragile ma indipendente, manda in frantumi i canoni di femminilità degli anni Cinquanta e segna l’avvento di un nuovo modello di donna… Non arrivo a sostenere che gettò i semi del movimento femminista, ma rese accettabili, anzi, attraenti, i nuovi modelli di condotta: era ok anche non sposarsi ed essere sessualmente attive, divertirsi, bastare a se stesse…”. Non solo, Audrey Hepburn trasforma sul grande schermo il nero da “colore delle donnacce” a sinonimo di eleganza e praticità. Una rivoluzione del tutto involontaria, poiché come molti sanno lo scrittore Truman Capote avrebbe preferito nei panni di Holly la capricciosa e svampita Marilyn Monroe e la Hepburn fu all’inizio spaventata dal ruolo della prostituta e indecisa nell’accettare la parte. Ma non solo nel film di Blake Edwards Audrey-Holly si mostra rivoluzionaria. Riuscì a far accettare la diversità in un’epoca di desolante conservatorismo anche con il film Vacanze romane del 1953. “Quello che Audrey regalò – alle ragazze soprattutto – fu l’immagine di una giovane protagonista che non viveva secondo il codice di interessi della madre ma secondo il proprio, con una sana indipendenza di spirito. Poteva far innamorare di sé gli uomini ma… senza entrare in competizione con le mogli”. L’evoluzione di Audrey Hepburn si compie con Due per la strada (1967), in cui il personaggio femminile è finalmente una donna reale, in stile mod londinese e non più Givenchy. Timida, ma titanica. Fragile, ma adulta.