Adozioni gay: si fa presto a evocare il “pregiudizio”…
La Cassazione apre ai figli nelle coppie gay, mettendo nero su bianco che non è altro che un «mero pregiudizio» sostenere che «sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale». In particolare, la Prima sezione civile si è così espressa affrontando una causa di affidamento tra un uomo di religione islamica E.T. S. che aveva avuto un figlio con una donna italiana I.B., residente a Brescia, che successivamente era andata a convivere con un’amica optando per una relazione omosessuale. La Cassazione ha respinto il ricorso dell’islamico e ha evidenziato che alla base delle lamentele «non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza». Polemiche, neanche a dirlo, a valanga, tra chi applaude e chi non si capacita. Lo psicologo e scrittore Claudio Risé prende parte al dibattito spiegandoci che, al di là del caso singolo, è centrale avere «a cuore soprattutto il diritto del bambino ad avere un padre e una madre. Il bambino ha questo diritto, mentre non è indicato da alcuna parte il diritto ad avere figli». Lo studioso, che a breve darà alle stampe per Ares un libro proprio sulla paternità, spiega che la sentenza della Cassazione affronta la questione su un caso specifico e, dunque, non è da considerarsi valida in termini generali. Ma al di là delle valutazioni «caso per caso», come suggerisce, Risé delinea una cornice di rapporti supportato «da 80 anni di studi e di ricerche scientifiche e statistiche: ossia l’unicità del rapporto con la madre, che nasce già dalla fase prenatale, e, subito dopo, la necessaria presenza di un padre, ossia di una figura che sia in grado di strutturare la personalità del piccolo facendolo uscire dall’esclusivo rapporto simbiotico con la madre. Affermare che non ci sono elementi scientifici sulla materia – osserva- è quanto mai inopportuno nel lessico usato dai giudici della Cassazione». Semmai è vero il contrario: «La tendenza di voler adottare da parte di coppie gay è recente di circa un decennio e in questo caso non ci sono elementi scientifici che ci diano risposte positive o negative sull’argomento. Ad emergere sono solo i casi esigui più riusciti», spiega Risé, che trova quanto meno inelegante il termine «pregiudizio», usato dagli ermellini.
Sull’argomento è particolarmente sensibile anche la dottoressa Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dell’età evolutiva alla Sapienza di Roma. Anche lei sostiene che sul caso singolo la sentenza è giustificabile sulla base di alcune valutazioni, come la violenza del padre, per cui si è andati, tutto sommato, nell’interesse del bambino. «Ma in futuro le situazioni andrebbero valutate caso per caso, perché affermare che “basta l’amore” non è affatto sufficiente», spiega, «perché fondamentale è, poi, educare e strutturare la personalità del bambino». E per essere in grado di farlo occorrono alcuni requisiti, spiega la Oliverio Ferraris: «Due genitori dello stesso sesso devono assolutamente essere consapevoli che andranno affrontati alcuni nodi cruciali, delle complicazioni a cui far fronte: prima verso i 3-4 anni, quando il piccolo si chiederà perché ha due madri o due padri e gli altri no; poi verso gli 8-13 anni, cioè nella prima adolescenza, quando il ragazzo/a avrà la necessità-curiosità di conoscere le dinamiche relazionali di persone di sesso diverso da quello rappresentato dai suoi genitori». Qualche esempio: «Il ragazzo/a avrà tutto il diritto di chiedersi come si comportano gli uomini, se in casa avrà due mamme; o viceversa se ha due papà. Ecco, non è semplice e la coppia omosessuale dovrà avere tutta la sensibilità e l’apertura del caso per far vedere al proprio figlio che non esiste “un modello unico”, quello loro, ma che esistono anche famiglie eterosessuali: per questo -spiega- cruciale sarà l’apertura degli orizzonti anche verso la frequentazione di famiglie eterosessuali o di nonni e parenti vari». Insomma, quando un figlio dirà “io sono maschio, oppure io sono femmina”, i genitori dovranno essere pronti a supportare l’evoluzione di questa personalità, anche di fronte a un mondo ancora in ritardo e impreparato a queste nuove dinamiche».