Acca Larenzia: 35 anni di misteri e coperture politiche
Trentacinque anni dopo, il debito di verità nei confronti delle vittime dell’eccidio di via Acca Larenzia è lontano dall’essere estinto, ma tra misteri e reticenze, vicoli ciechi e carenze investigative, una prima parziale verità legata all’arma del delitto emerge dalla risposta a un’interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Francesco Biava. Quest’ultimo aveva chiesto ai ministri dell’Interno e della Giustizia argomentazioni circostanziate sui motivi che “legittimarono” le autorità a non investigare a fondo sul percorso e i passaggi di mano della pistola mitragliatrice Skorpion utilizzata per gli omicidi di Acca Larenzia. Nel maggio del 2012 è arrivata finalmente la risposta, a firma del sottosegretario di Stato, prefetto Carlo De Stefano, ma gli scenari che si sono aperti non diradano le ombre che gravano su questi delitti insoluti, tutt’altro. A leggere il documento del ministero dell’Interno emerge infatti che dieci anni dopo l’eccidio di via Acca Larenzia, esattamente il 15 giugno 1988, nell’ambito delle indagini relative all’omicidio del senatore democristiano Roberto Ruffilli, fu scoperto in via Dogali, a Milano, un covo brigatista, al cui interno fu rinvenuta e sequestrata una Skorpion che, in seguito, perizie balistiche avrebbero accertato essere la stessa utilizzata per compiere sia l’eccidio dei ragazzi romani del 7 gennaio 1978, che gli omicidi dell’economista Ezio Tarantelli, (assassinato a Roma il 27 marzo 1985); dell’ex sindaco di Firenze, Lando Conti, (ucciso l’11 febbraio del 1986) e, appunto, del senatore Ruffilli. Per questi ultimi, la tracciabilità dell’arma del delitto ha contribuito all’individuazione dei colpevoli: per gli omicidi di via Acca Larenzia il vuoto investigativo, testimonianze confuse e reticenti, e i mancati accertamenti sui passaggi di mano in mano della Skorpion, non hanno portato a nessun risultato. Ad oggi però, quello che è dato sapere, e che la risposta all’interrogazione del parlamentare Biava lascia emergere, è che l’arma utilizzata per gli omicidi di via Acca Larenzia era stata regolarmente acquistata nel febbraio del ’71 da Enrico Sbriccoli, in arte Jimmy Fontana. Il quale in seguito, interrogato dalla Digos di Roma, avrebbe sostenuto di aver venduto nel 1977 la Skorpion in questione al funzionario di polizia Antonio Cetroli, che in quel periodo era il dirigente del commissariato di pubblica sicurezza Tuscolano di Roma. Peccato che le versioni dei protagonisti della vicenda, venditore, acquirente e intermediario, non siano mai risultate concordanti. Un intreccio mai chiarito che, se non riguardasse il dramma di delitti ancora irrisolti, sarebbe da definire al limite del paradossale, e su cui si è innestata la colpevole inadempienza degli organi inquirenti. Inadempienza che perdura negli anni e che, ad oggi, lascia insoluto il caso dell’eccidio di via Acca Larenzia.