Retromarcia di Monti sulla Sanità: innovare non vuol dire privatizzare

30 Nov 2012 0:03 - di Gabriele Farro

Ennesima retromarcia di Monti. Come è già successo almeno un altro centinaio di volte ha tirato la pietra e poi ha nascosto la mano. Il tema del contendere in questa occasione è la Sanità. Il tecnopremier ha detto che «è diventata insostenibile» poi, di fronte alle accuse di voler mettere molti servizi in mano ai privati, ha cambiato rotta. E le polemiche dei giorni scorsi? Tutta colpa dei soliti noti, e cioè i giornalisti. Opinioni «travisate mediaticamente», secondo il ministro Renato Balduzzi. Allora non se ne fa nulla? Forse. «L’esigenza di un adeguamento del Sistema sanitario nazionale – dice Balduzzi –  è implicita in ogni sistema sanitario. Il nostro insegue ciò secondo le logiche di un sistema pubblico, con l’integrazione di tutte le forme, comprese quelle private». Non cambierà nulla? E chi può dirlo. La Sanità è in crisi e i privati certo non investiranno se la logica continua ad essere quella della gestione pubblica, effettuata sulla base delle ingerenze politiche dei partiti. E intanto il piatto piange. Nel periodo 2012-2014 ci sono stati complessivamente 33 miliardi di tagli e le Regioni sono allarmate. «Le ultime sforbiciate previste dalla Legge di stabilità – viene rilevato in una nota –  pongono a rischio default tutti i bilanci delle Regioni , con il possibile aumento della spesa sanitaria  e della pressione fiscale, al di là di ogni logica di efficientamento». I problemi, in sostanza, sono oggi quelli che erano alcuni giorni fa, ma per il presidente del Consiglio la situazione sembra essere profondamente cambiata. Intervenendo alla celebrazione del 50° anniversario dei Nas dell’Arma dei carabinieri, ieri, che «riformare significa riconoscere che in passato non sempre sono state sempre prese decisioni responsabili». «Il diritto alla salute e l’organizzazione pubblica del servizio – ha sottolineato – sono requisiti irrinunciabili di sviluppo sociale e convivenza civile». Diritti «a garanzia dell’uguaglianza dei cittadino, un principio fondamentale tutelato dalla Costituzione di un’Italia civile che va sostenuta». Già, ma con i bilanci in rosso e con una popolazione che va invecchiando rapidamente, come se ne esce, visto che alcune simulazioni arrivano a prevedere nel 2050 un importo doppio rispetto all’attuale per far funzionare la Sanità italiana? La risposta logica sarebbe che on se ne esce. Di questo, infatti, né il presidente Monti, né Balduzzi hanno ritenuto di parlare. Il ministro ha addirittura sostenuto che quella di questi giorni è una tempesta in un bicchier d’acqua, perché l’ipotesi privatizzazione non esiste. L’invecchiamento della popolazione, invece, è reale, anche perché – a suo avviso – il «nostro sistema dà molto con poche risorse». Comunque, aggiunge Monti, «il diritto alla salute e l’organizzazione pubblica del servizio  sono requisiti irrinunciabili di sviluppo sociale e convivenza civile». Diritti «a garanzia dell’uguaglianza dei cittadino, un principio fondamentale tutelato dalla Costituzione di un’Italia civile che va sostenuta». Tutto come prima, insomma. I tecnici non parleranno il politichese, ma certo non sono meno enigmatici di quanti almeno hanno il pregio di essere stati eletti dai cittadini. Le belle parole non servono quando si ha a che fare con e necessità inderogabili dei cittadini. Anche perché non è certamente un caso se ben 40 associazioni e sigle sindacali del comparto hanno lanciato un vero e proprio allarme contro i tagli alla Sanità pubblica e privata. Una dimostrazione che non basta escludere i problemi per esorcizzarli. I cittadini che ogni giorno ricorrono alla sanità pubblica per curare i loro malanni sentono continuamente parlare di nuovi ticket e, in un momento di crisi come questo, temono di non potersi più garantire le cure. Anche qui il ministro Balduzzi rassicura: ipotesi senza riscontro. Ma questo non significa che la stangata può essere esclusa. «Un documento di indirizzo in tal senso – precisa Balduzzi – potrebbe già essere licenziato tra dicembre e gennaio. Prima di allora ogni ipotesi è prematura». Prematura, ma non infondata.

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