In Italia sono speciali solo i tribunali
Il carcere non lo auguro a nessuno ma lo consiglio a molti. Così diceva un mio caro amico che di carcere ne aveva fatto tanto e senza lamentarsi. Intendeva dire che, al di là della certezza di meritarselo o meno, che in Italia è a dir poco discrezionale, il carcere è certamente un’esperienza formativa. Se non altro, se fatto da innocente, dà il vero senso dell’ingiustizia e chi ci è passato probabilmente diventa più attento a non commetterne di proprie. In Italia però, si diceva, ormai il carcere è diventata una misura che non ha più nulla a che fare né coi codici, né con le regole, né con le consuetudini. I giudici decidono in totale libertà su attenuanti, aggravanti, pericolosità o meno, gravità o meno del reato. Esiste senz’altro ad oggi una sorta di aggravante di schieramento. Fermo restando che il carcere non può essere escluso ad categoriam – quindi fintanto che esiste non se ne può oggettivamente escludere giornalisti, parlamentari, magistrati o altro – è evidente che esiste qui da noi un’aggravante di “schieramento”. Fiorito non sarebbe andato in carcere se fosse stato del Pd o dell’Udc o peggio ancora del Sel. Sallusti non sarebbe stato condannato al carcere se il falso e la diffamazione fossero stati pubblicati su altri giornali più politically correct o più simpatici al partito dei magistrati. E d’altronde la Cassazione ha deciso che le Br non sono terroristi anche se mettono bombe o sparano, mentre non troppo tempo fa finirono in carcere cinque sedicenti duri dell’estrema destra con accuse di eversione, per aver fatto una scritta su un muro che rivolgeva assurdi insulti al sindaco di Roma (quello stesso che la stampa rouge insulta tutti i giorni coinvolgendo persino i suoi familiari). E bruciare il tricolore non è reato, ma alzare il braccio lo è. Come certezza del diritto non c’è davvero niente male.