Contro Renzi D’Alema perde l’aplomb

10 Ott 2012 20:41 - di

«Si farà del male». Non si capisce se è un augurio o una previsione. Quel che è certo è che la frase pronunciata da Massimo D’Alema all’indirizzo di Matteo Renzi conferma l’alto tasso di rissosità interna al Pd e l’ansia con cui l’establishment, sfidato dal sindaco rottamatore, sta vivendo la vigilia delle primarie. Un clima di sospetto reciproco, un nervosismo crescente, soltanto a chiacchiere mitigato dall’happy end dell’assemblea nazionale di sabato scorso. A complicare il quadro arriva da Bruxelles l’attacco, che doveva restare in famiglia, di Marchionne all’indirizzo del sindaco di Firenze. «Renzi pensa di essere come Obama ma ha ancora molta strada da fare, è solo il sindaco di una città piccola e povera», ha detto Marchionne convinto di parlare solo a una platea di studenti e che l’outing non avrebbe varcato la soglia accademica. E invece ha prodotto l’irritazione di Bersani e un vero e proprio incidente diplomatico tra l’ad di Fiat e largo del Nazareno. Renzi non ha gradito e ha replicato invitando Marchionne a sciacquarsi la bocca, «come diciamo in riva d’Arno, prima di parlare di Firenze, città che ha dato al mondo genio e passione». Per tutta risposta l’ingegnere non ha smentito e se l’è presa con il suo staff e con il giornalista suscitando la reazione del segretario del Pd. «A Marchionne dico: basta dichiarazioni che sviliscono l’Italia. Firenze è una delle città più belle del mondo ed è nel cuore di tutti gli italiani. È ora di misurare le parole». Cosa che non riesce a fare neppure un politico navigato come D’Alema. Fiutato il rischio che, nel caso di  vittoria del “nuovo”, nulla sarebbe più come prima, affila il fioretto, salvo poi smentire le accuse più dure riportate da un “fuori onda” de la Stampa. «La settimana scorsa Renzi è andato a Sulmona, in jet privato da Ciampino, poi una Mercedes. In camper c’è salito alle porte di Sulmona, ma quando è arrivato in piazza, tutti ad applaudire il giovane ribelle che “altro che auto blu, lui viaggia in camper”», si sarebbe sfogato privatamente l’ex presidente del Copasir. Parole seccamente smentite dalla sua portavoce ma con scarsi risultati. «Risponde, invece, al vero, la notizia che D’Alema è amareggiato per gli attacchi personali che gli sono rivolti e determinato ad impegnarsi nella campagna delle primarie», scrive nella nota Daniela Reggiani.
Alla “leggenda” della campagna costosa Renzi risponde da giorni, ufficialmente e a quattr’occhi chiacchierando con gli inviati che lo seguono sul camper. «Ma di che stiamo parlando? Io sto girando l’Italia con un camper, altro che campagna faraonica. E abbiamo messo on line tutti i contributi…». Nello specifico replica a D’Alema che il volo a Sulmona l’ha preso «pagando di tasca sua», per andare al funerale di Piero Luigi Vigna «che è un pezzo di storia di Firenze, e non avevo altra possibilità che fare 40 minuti di volo». Se Bersani, incassata la non belligeranza dell’avversario sulle regole e i criteri della partecipazione al voto, nelle ultime ore gioca al signore e manda avanti i suoi (a partire da Giorgio Merlo), l’ex premier scende in campo con l’animosità che precede i derby calcistici. «Sono stato a Matera per un’iniziativa su Berlinguer: c’era il doppio della gente rispetto a quanta era accorsa ad ascoltare Renzi. Però i giornali non lo scrivono, perché rottamare il Pd conviene a molti». L’ex premier non ha mai avuto un ottimo rapporto con la carta stampata (né con la satira come dimostra la causa contro Forattini), ovvio che la grande attenzione riservata dai media al fenomeno Renzi non gli vada giù. Smentite o no, Matteo non si lascia strapazzare nemmeno da un pezzo da novanta come D’Alema e, tra una sosta e l’altra del suo tour italiano, ribatte dicendosi «molto colpito» dalle reazioni del suo partito, perché «non è roba loro». Nelle frasi di D’Alema «c’è un che di intimidatorio e questo non è bello». Contesta  modelli e linguaggi degli elefanti del Pd: «Credo che le primarie le vinceremo, se riusciremo a imporre le nostre idee e a proporre un rinnovamento vero. E noi diciamo a Bersani: smàrcati da chi ti sta tenendo per la giacchetta se ce la fai, e segna te, o lo facciamo noi. La mia impressione è che ci siano ancora troppe resistenze in un gruppo dirigente che ha fallito». E che ricambia con la stessa moneta cercando di azzoppare il candidato-bambino con una controffensiva dal sapore antico, fatta di accordi tra correnti, pressione sugli amministratori e blindatura degli elettori. «Chi vince rappresenta il Pd – dice Renzi –  non è che noi vinciamo ma il Pd è un’altra cosa». Dopo aver corteggiato l’elettorato in fuga dal centrodestra ora deve rassicurare i compagni che con lui il partito verrà resettato davvero. Insomma il suo non è un bluff, «in caso di vittoria, non è che il giorno dopo il gruppo dirigente dice che si continua allo stesso modo. Non penserete mica che facciamo le primarie, si sconfigge questo gruppo dirigente, e poi D’Alema e la Bindi hanno la deroga. La deroga la ripongono nella vaschetta, diciamo». Salvatore Vassallo, uno dei firmatari dell’appello per le primarie aperte, consiglia al presidente del Copasir «di fare come tutti i leader di sinistra europei e mondiali con cui tende di solito a paragonarsi: Bill Clinton è il presidente di una fondazione, così come Tony Blair. Lui è già presidente di una Fondazione, potrebbe ispirarsi al loro esempio». Ma voltare pagina non è ammissibile per i capi storici. A D’Alema la parola “rottamare” non piace proprio, tanto da smentire di essere stato a sua volta un rottamatore con la vecchia dirigenza comunista. Rottamare è doloroso per la vecchia guardia, perché è un’ammissione di fallimento ma è anche un impegno a mantenere in vita quello che funziona. Alla lettera (dal vocabolario) significa “eseguire lo smantellamento di autoveicoli recuperando tutte le parti ancora utilizzabili e consegnando alle fonderie le rimanenti parti metalliche”. Anche Vendola non manda giù l’iperattivismo del sindaco rottamatore, definito qualche giorno fa un liberista. Vasco Errani manda a dire al giovane Renzi che deve fare più attenzione perché «è  sulle proposte nuove che ci si deve confrontare per cambiare questo Paese, questo è il livello che le primarie richiedono a tutti noi, cioè il contrario della rottamazione delle persone». E Renzi non è certo tipo da autocensurarsi, per spiegare il suo no alla preregistrazione degli elettori, per esempio, ha usato parole irrispettose: «Non soltanto fai la coda il 25 novembre e ti dichiari elettore, ti iscrivi all’albo, versi il quattrino, dimostri di aver letto la biografia di D’Alema, ma la domenica prima devi andare pure a preregistrarti per la domenica dopo!».

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