Nel Pdl c’è chi gioca coi nomi e chi fa politica

17 Lug 2012 20:50 - di

Spezzatini, spacchettamenti, scissionisti, nostalgici e nuovisti ma comunque ex, sempre ex di qualcosa. Quando si parla di Pdl è questa è la chiave che da giorni spalanca le porte a tutti gli inciuci politici che impazzano nei palazzi, anche se finora non ha chiuso le porte a nessuna risposta. Ieri è stato il giorno della riflessione, dopo lo strappo di Berlusconi sul nome e il successivo chiarimento sulla possibile, e al momento da escludere, rinascita di Forza Italia. Nel Pdl si consumano gli ultimi scampoli di polemica tra chi ha accolto con troppo entusiasmo l’annuncio e chi invece ne ha colto venature di arroganza, mentre sullo sfondo vicende marginali come quella della Minetti (che non vuol dimettersi) e quella di Stracquadanio (che va via sbattendo la porta) monopolizzano un dibattito che rischia di diventare un esercizio onanistico su nomi e caselle da riempire.

Oltre gli schemi degli ex
Lo schema ex Fi-ex An è troppo scolastico per essere accantonato, a dispetto delle smentite e dei tentativo di riportare il ragionamento sul Pdl nell’ambito dei contenuti e dei progetti. Ieri è toccato ad Andrea Augello (sull’onda delle iniziative di Alemanno) scardinare un teorema sull’imminente scissione dell’ala ex An sulla scìa di una manifestazione di piazza che sarebbe stata già indetta per il 26 luglio; un evento che però – e non è un dettaglio da poco – non sarà una scissione e neanche una rivolta. «Confermo che si svolgerà una manifestazione il 26 ma non ha alcun fondamento la notizia che l’iniziativa sia organizzata dall’insieme degli ex appartenenti ad An nel Pdl. Per essere più chiari, per esempio, nulla sanno e nulla hanno a che vedere con questa manifestazione gli onorevoli La Russa, Meloni e molti altri citati nell’articolo di “Libero”…». Per essere ancora più chiari, Augello è uno di quelli a cui piacciono le primarie. Che non sono il nome di un partito nuovo, ma uno strumento politico, che piaccia o no.

Le iniziative politiche
In quell’universo che si vuol descrivere sconvolto dall’annuncio della non-rinascita di Forza Italia, dunque, c’è chi fa addirittura attività politica e non marketing. Come La Russa e i sostenitori delle preferenze, che pensano di organizzare dei gazebo per raccogliere firme a sostegno di questa idea della legge elettorale. Così come ha tutta l’aria di essere stato un convegno politico, per partorire idee al servizio del centrodestra e del Pdl, anche l’evento organizzato ieri dalla Fondazione della Libertà per il bene comune, vicina all’ex ministro Altero Matteoli, convegno dal titolo “L’Italia che vogliamo”. Un appuntamento fissato da tempo, ma che ieri ha assunto un significato particolare: «Mai come adesso, più che fare dietrologia e discutere di nomi di partiti nuovi e di slogan che durano lo spazio di poche ore, è necessario provare a fare politica in vista della campagna elettorale. Ecco perché qui, con la Fondazione, abbiamo proposto un pacchetto di idee economiche, sociali, ambientali e politiche a 360 gradi con il contributo di esperti, politici e non», spiega Matteoli. Che com’è noto, è tra quelli che hanno vissuto lo strappo di Berlusconi sul Pdl (poi smentito) come un’ulteriore fase del progetto più a lunga scadenza del partito. «Io ho pianto per lo scioglimento del Msi, non per quello di An. Quando sono entrato nel Pdl – spiega – l’ho considerata una scelta irreversibile, non ho nessuna voglia di tornare indietro. Anche perché credo che se anche dovessimo perdere le prossime elezioni, il Pdl ha tutte le possibilità di essere ancora il primo partito d’Italia…».

L’Italia che vogliamo
Al convegno s’è parlato di futuro, di un’Italia che “non è scritta nel libro dei sogni ma intende essere il frutto dell’impegno della società civile, soprattutto nell’attuale momento di grave crisi politica, economica, istituzionale e di valori”. Il dibattito del Tempio di Adriano non è stata un’occasione per contarsi o per giocare alla tombola dei nomi nuovi, per un partito che già esiste e su cui in tanti vogliono discutere ancora. Uno spirito costruttivo sottolineato dagli interventi dei relatori (Roberto Serrentino, Erasmo Cinque, Andrea Fluttero, Marco Martinelli, Eugenio Minasso, Giovanbattista Papello) e condiviso anche dagli altri parlamentari presenti in sala, prima delle conclusioni di Matteoli, che aveva trascorso le ore precedenti al telefono a spiegare che lui non crede a una volontà secessionista del Cavaliere. «La proposta di Silvio Berlusconi di tornare a Forza Italia non va letta assolutamente come una critica o un chiarimento nei confronti di An», ha ripetuto. «Del resto Berlusconi ha sempre detto che il nome Pdl è un acronimo e quindi ha sempre pensato di cambiarlo. Evidentemente ha fatto fare dei sondaggi sul logo più gradito dagli elettori. Se qualcuno ha letto questa proposta come critica alla nostra formazione politica, io non la penso così». Ecco perché anche ieri Matteoli ha ribadito come sia necessario, più che arrovellarsi sulle sigle, ritrovare il contatto con la gente, ascoltare e proporre. «Dobbiamo elaborare cinque-sei punti, su famiglia, imprese e banche, infrastrutture, ambiente e giustizia, aprendoci al contributo della società civile, come cerchiamo di fare noi con la Fondazione».

L’invito all’unità di La Russa
Un invito a guardare al futuro arriva a fine giornata anche da Ignazio La Russa: «Noi siamo assolutamente disposti ad accettare la candidatura di Silvio Berlusconi ma non pensiamo che ritorno al passato nel nome e nella sostanza sia giusto. Noi vogliamo guardare al futuro», ha spiegato il coordinatore del Pdl, che ringrazia il Cavaliere per aver detto che la sua «era una proposta e non una decisione», rispetto al nome Forza Italia. «È legittimo che Berlusconi avanzi una proposta ed è legittimo anche che, per me ed altri, sia una proposta inaccettabile». La Russa esclude che si possa arrivare a una scissione nel Pdl. «Non si arriverà a questo. Il progetto del Pdl è un progetto di unità e credo che ancora può essere coltivato e con Alfano segretario può essere vincente».

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