Lavoro, il Parlamento corregge la riforma Fornero
Ammortizzatori sociali e flessibilità in entrata sono i principali punti dell’emendamento di modifica della riforma del mercato del lavoro, approvato ieri mattina al dl sviluppo dalle commissioni Attività produttive e Finanze della Camera. Il testo ha recepito l’accordo che è stato sottoscritto dal ministro Fornero con la maggioranza, nella giornata di giovedì. Sul versante della flessibilità il testo riduce per i lavoratori stagionali l’intervallo tra un contratto e l’altro. Sarà possibile l’assunzione a tempo indeterminato per gli apprendisti in somministrazione. Per le partite Iva cambiano i criteri di verifica sulla loro veridicità (agente plurimandatario e reddito minimo di 18.000 euro): essi dovranno essere rispettati per due anni e non più solo per uno. Inoltre l’aumento dell’aliquota previdenziale dal 27 al 33% viene congelata per tutto il 2013. Per compensare questa misura viene invece accelerato il passaggio dell’aliquota dal 18% al 24% per i pensionati, che hanno anche un altro reddito da lavoro. Il passaggio non ci sarà più entro il 2018 bensì entro il 2016.
Sul fronte ammortizzatori, l’emendamento proroga a tutto il 2014 la mobilità con le attuali regole: varranno per gli ultra cinquantenni nel Centro-Nord, e per tutta la platea dei lavoratori nel Sud. Invece i lavoratori che stanno ricevendo gli ammortizzatori sociali, per il 2013, potranno cumularli con redditi da collaborazione, fino a un massimo di 3.000 euro. Le aziende in difficoltà potranno utilizzare la Cassa integrazione speciale fino al 2015. Tutte le imprese potranno escludere dalla base di computo dei propri dipendenti, i contratti a tempo determinato inferiori a sei mesi. Per le aziende sottoposte a procedure concorsuali, l’emendamento agevola il trasferimento dei rami d’azienda. Infine, per consentire al ministero del Lavoro di monitorare le crisi aziendali, viene istituito un archivio degli accordi sulle crisi aziendali.
«A vincere è stata soltanto la ragionevolezza, perché le soluzioni proposte, inizialmente, nel disegno di legge del governo erano, prima di ogni altra considerazione, irragionevoli», ha commentato il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola del Pdl. Per il parlamentare era determinante che la legge Fornero recepisse la cosiddetta flessibilità in entrata su cui il centrodestra si è battuto da sempre per assicurare maggiore occupazione e un ingresso nel mondo nel lavoro non procrastinato alle “Calende greche". «Al dunque», ha detto, «i partiti della “strana" maggioranza sono stati in grado di formulare, prima al Senato poi alla Camera, degli emendamenti su una materia politicamente sensibile, su cui si è concentrato in questi anni lo scontro ideologico sulla precarietà».
Il testo ha recepito l’accordo che è stato sottoscritto dal ministro Fornero con la maggioranza, Pd e Pdl, nella giornata di giovedì. Cesare Damiano, capogruppo del Pd in commissione lavoro, saluta positivamente l’approvazione dell’emendamento e invita ora ad affrontare la questione degli esodati, inserita nel decreto sulla spending review. «Si dà attuazione», ha detto, all’impegno preso da Monti a recepire le richieste dei partiti della maggioranza sugli ammortizzatori sociali e sulla flessibilità in entrata. Affrontiamo ora la questione degli esodati, questione sulla quale c’è un impegno del premier Monti».
Il mondo sindacale, Cgil esclusa, è soddisfatto dei miglioramenti che la maggioranza ha apportato al testo della Fornero: «Le modifiche vanno nella giusta direzione e ne miglioreranno l’efficacia» per il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini. «Sono importanti, per tenere conto del prolungarsi dell’emergenza occupazionale, la proroga al 2014 dell’utilizzo della mobilità con le regole attuali e soprattutto la clausola di salvaguardia che consentirà, entro ottobre 2014, una verifica congiunta, tra governo e parti sociali, della transizione al nuovo sistema di ammortizzatori sociali».
«Valutiamo positivamente il via libera agli emendamenti che hanno recepito le osservazioni del modo sindacale e di Confindustria, ha aggiunto Guglielmo Loy della Uil soprattutto
per «la celerità con la quale il governo ha accettato le integrazioni proposte unitariamente». Il confronto e la condivisione degli obiettivi tra le parti sociali è l’unico metodo possibile per trovare equilibrate soluzioni. Ma non la pensa così il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino: «Si tratta di alcune modifiche che recepiscono le indicazioni delle parti ma che non cambiano il giudizio negativo sull’impianto di una riforma che va ridiscussa e modificata». Le modifiche, ha spiegato, «sono il recepimento dei tre punti sui quali sindacati e Confindustria avevano indicato alcuni correttivi» ma «tre toppe non fanno l’abito nuovo.
Complessivamente la riforma Fornero ieri si è presa una sonora “bocciatura” dal Financial Times. Non c’è stata nessuna discussione sui 600mila giovani disoccupati, bacchettava ieri il giornale della City, evidenziando come nel dibattito parlamentare la battaglia più accesa sia stata combattuta sul come proteggere i lavoratori più anziani. La critica punta sulla “guerra generazionale" che la riforma Fornero non solo non risolve ma accentuerebbe. Solo una breve parentesi (marginale) su come favorire l’ingresso degli oltre 600 mila giovani senza lavoro. Prosegue il quotidiano della City, interpellando diversi economisti: «Corriamo il rischio di perdere per sempre queste persone se non hanno accesso al mercato del lavoro quando sono giovani e se non acquistano delle competenze», ha dichiarato al giornale Gustavo Piga, professore di economia a Tor Vergata. «Oltre al dramma umano, l’Italia rischia di perdere miliardi di euro in Pil se una grande fetta della popolazione non diventa parte della forza lavoro». Sulla stessa lunghezza d’onda
Tito Boeri: «Il nuovo sistema penalizza i giovani e non ha fatto nulla per affrontare il problema». Secondo il professore della Bocconi, la riforma Fornero permette ad un nuovo assunto con un contratto permanente di avere le stesse protezioni di un dipendente con 30 anni di lavoro. Ciò scoraggia le aziende dall’assumere e dunque costringe i giovani a saltare da un lavoro all’altro per tutta la vita.