Draghi pronto a respingere l’attacco dei “tartari”
Sarà un ferragosto di fuoco e non per il caldo soffocante, per Caronte o chicchessia. Si teme una nuova offensiva degli speculatori, c’è chi immagina una catastrofe economica, si preparano le difese, stavolta (forse) coordinate tra i vari Paesi. Monti si trova nella scomoda posizione di chi avverte il pericolo ma deve rassicurare, sperando che le “truppe nemiche” sbaglino qualche mossa e l’assedio fallisca. Per adesso c’è l’attesa, una sorta di replay del deserto dei tartari. Il premier dice che non ci sarà una nuova manovra (l’ha detto anche a Casini) ma è allerta tra i partiti della maggioranza e i presidenti delle commissioni parlamentari: ad agosto i mercati potrebbero essere investiti da un vero e proprio tsunami e l’Italia, con lo spread che viaggia a 500 punti base, rischia sicuramente molto. Fin qui le notizie ufficiali. Quelle ufficiose, invece, sono un’altra cosa. Nonostante le stangate che, dal 2008 ad oggi, sono costate agli italiani 330 miliardi di euro, il debito cresce: a fine 2011 era al 120,1% del Pil oggi è al 123,3. E questo perché la spesa pubblica continua a non essere sotto controllo e con l’aumento della pressione fiscale si sono ridotti i redditi delle persone e i consumi. Quindi la manovra estiva è tutt’altro che da escludere, anche se nessuno dice di volerla.
L’attacco di Draghi
Fin qui la questione italiana. Ma poiché il problema investe l’intera Eurolandia, ognuno può anche fare i compiti a casa, come amava dire Monti fino a qualche settimana fa, ma se non interviene Bruxelles è difficile che i mercati si plachino. E le resistenze della Germania al piano antispread sono vera e propria benzina sul fuoco. Se le cose continuano ad andare male non è colpa della sorte cinica e bara, ma del fatto che la Ue non forniva e non fornisce certezze. Quanto questa teoria sia corretta lo hanno dimostrato ieri le dichiarazioni del presidente della Bce Mario Draghi che, intervenendo alla Global investment conference di Londra ha sostenuto che negli ultimi sei mesi l’Eurozona ha fatto «progressi straordinari», che l’area dell’euro ha «la forza per sconfiggere la speculazione» e che, comunque, la Bce «è pronta a qualunque cosa per salvare la moneta unica», precisando che «questo basterà». Un’affermazione perentoria, quest’ultima, che i mercati hanno interpretato come un segnale verde a interventi forti e ripetuti da parte di Francoforte, con la conseguenza che le Borse sono ripartite di slancio (Milano ha guadagnato il 5,62 per cento), lo spread è sceso di 40 punti e l’euro ha avuto un apprezzamento repentino rispetto al dollaro. «Nessuna manovra economica ha avuto un effetto simile – commenta Altero Matteoli – si è avuta un’ulteriore prova che la crisi finanziaria non è causata dai governi, tanto più da quello italiano (Berlusconi e Monti), ma dal sistema europeo che non funziona» Una lezione alla Merkel, ma anche ai governanti dei singoli Paesi «che – dice Matteoli – dovrebbero avere maggiore equilibrio prima di assumere provvedimenti draconiani senza efficacia e utilità e soprattutto recessivi». Bravo Draghi, insomma. Adesso non resta che sperare che Bruxelles e la Germania prendano lezioni da questo comportamento. È evidente, infatti, che non si può proseguire con la supplenza della Bce a un vuoto politico che cagiona sempre nuovi guai.
Confindustria vede nero
C’è, in sostanza, non solo l’esigenza di agire ma anche di farlo presto. Il Centro studi di Confindustria prevede che le cose continueranno ad andare male. I prossimi saranno «mesi difficili» per l’economia italiana con un’ulteriore contrazione dell’occupazione che gli industriali italiani attribuiscono ai «danni della gestione europea». «Lo scenario globale – si legge nella Congiuntura flash del centro studi di Viale dell’Astronomia – è ulteriormente peggiorato e in Italia la diminuzione del Pil proseguirà». Una previsione? No, un fatto scontato. Perché dopo la chiusura del secondo trimestre, con tutti gli indici negativi, «le probabilità di rilancio della seconda metà dell’anno» si sono praticamente annullate. Un segnale molto chiaro al governo che farebbe bene a tenere conto del peggioramento congiunturale degli indicatori. Al punto in cui sono giunte le cose, infatti, è evidente che diventa seriamente a rischio l’obiettivo di centrare il pareggio di bilancio nel 2013.