Melissa non diventi un’altra Sarah Scazzi
Non trasformiamo la tragedia di Brindisi in un altro caso Avetrana. È l’invocazione che sale dai social network, è la raccomandazione del presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino che ha invitato i colleghi al senso del dovere professionale. Occorre ricordare che le vittime del barbaro atto di Brindisi sono minorenni, tenere presente che Mesagne non è «la città della Sacra Corona unita», evitare l’assalto ai parenti delle vittime. È stato scritto, non a torto, che nell’immaginario di tutti noi Melissa Bassi è già sublimata, è già un piccolo angelo, è già simbolo dei figli che non vanno toccati. Ma il passo da tutto ciò alla morbosità, alla curiosità impudente, può essere breve e trasformare la tragedia in spettacolo feroce, massacro mediatico. Di qui anche la ribellione che ieri è montata su Twitter contro un video in cui Melissa appare, bambina, durante la prima comunione. Adesso, dicono i followers, fermatevi, non si può lucrare su una ragazzina uccisa in quel modo. Su Facebook il diario di Melissa è stato cliccato e ricliccato. Le foto che la ritraggono bella, spensierata e piena di vita, sono state condivise da migliaia di persone. Ognuna ha voluto lasciare un messaggio per quella vita innocente spezzata. Ma condividere la pena dei suoi amici, dei suoi genitori, dei suoi compagni di scuola, del suo fidanzato non può e non deve sconfinare nella brutalità della ricerca del dettaglio inutile. Brindisi non sia come Avetrana, Melissa non sia come Sarah Scazzi. Abbiamo già visto le foto dei vestiti che aveva preparato sul suo letto per uscire il sabato sera. Le abbiamo guardate con dolore. Adesso proviamo a onorarla evitando gli eccessi, il cattivo gusto, il voyeurismo. Anche il silenzio, ricordiamolo, può essere pieno di commozione e di rispetto.