Alle prese con il test di maggio

3 Mag 2012 20:58 - di

Da Genova a Palermo passando per Verona, Monza, Alessandria e San Salvo in Abruzzo. I leader di partito tornano a farsi vedere in pubblico per la chiusura della campagna delle amministrative. Oltre 7 milioni gli italiani al voto in circa 1000 comuni. Un test elettorale delicato. Il primo dell’era Monti e l’ultimo della legislatura. Ieri Silvio Berlusconi si è concesso ai suoi fan a Monza, accolto da una folla di sostenitori ai quali ha detto che le amministrative non avranno un valore politico. L’ex premier ha rilanciato l’ipotesi di un’alleanza con la Lega ed è apparso piuttosto freddo nei suoi giudizi sul governo Monti: «Non abbiamo mai rotto con la Lega. Sono sempre stato in contatto sia con Bossi che con Maroni e non esiste una frattura tra noi e la Lega». La rottura è avvenuta, ha detto ancora, sul sostegno ai tecnici e su questo la Lega «aveva ragioni fondate». La speranza è adesso che «i sacrifici che abbiamo fatto dimettendoci dal governo porteranno al risultato che abbiamo da sempre inseguito, che è quello del cambiamento dell’architettura istituzionale del Paese. Senza questo cambiamento non si può avere un paese governabile, come non è stata governabile l’Italia e ancora non è». Quanto alla minaccia dell’antipolitica, per Berlusconi tra la gente c’è confusione perché viviamo in un momento di «parentesi della democrazia».
Oggi Pier Luigi Bersani chiuderà la campagna a Genova, mentre sia Roberto Maroni che Pier Ferdinando Casini saranno a Verona, Nichi Vendola a Palermo, Antonio Di Pietro a San Salvo, in provincia di Chieti, Beppe Grillo ad Alessandria mentre Alfano chiude nella sua Sicilia, ultime due tappe: Cefalù e San Cataldo. Ma quanto peseranno le amministrative di domenica sulle future decisioni dei partiti? Il Pd aspetta di valutare i suoi consensi per stabilire se la strana alleanza ABC deve continuare fino alla fine della legislatura. Forti sono le pressioni a sinistra (soprattutto da parte di Sel e dei democratici più vicini alla Cgil) affinché il Pd si distacchi da Monti e cavalchi il disagio sociale fino alla possibile vittoria elettorale. Una strategia che però non convince Bersani il quale ha detto chiaro e tondo che lui vorrebbe vincere, «ma non sulle macerie del Paese».
Oltre alle sfide clou delle maggiori città, ovvero Genova e Palermo, i partiti guardano con attenzione a quelle realtà in cui è possibile un cambio di segno. Per il Pd, ad esempio, sono cruciali le sfide di Parma, Lucca, Alessandria, Como, Monza, Belluno dove si tenta di sfilare il comune al centrodestra. Bersani va dicendo di essere piuttosto fiducioso: «È una campagna elettorale molto difficile, con il partito in una posizione scomoda, ma sono molto fiducioso per l’esito della nostra battaglia e l’esito dei nostri candidati, perché sento un vento buono…».
E il Pdl? In via dell’Umiltà si considerano strategiche le città di Verona, Genova e Palermo ma anche comuni come L’Aquila in Abruzzo, Acerra e Aversa in Campania e Como e Monza in Lombardia sono considerati indicativi per la tenuta del partito. Ma va detto che il centrodestra ha sempre guardato negli anni ai test amministrativi come elezioni di second’ordine, capaci di influenzare la realtà locale ma non quella nazionale. Dunque dopo il voto di domenica il Pdl sarà alle prese con il problema solito: fin dove deve spingersi il partito nell’appoggio ai tecnici? Fin quando è possibile far prevalere il senso di responsabilità sulla necessità di dare risposte a un elettorato sempre più scontento dei “professori”?
Alfano ieri, dopo che i giornali avevano evidenziato il ruolo preponderante degli ex-An nel dettare dentro il Pdl una linea molto critica nei confronti del governo, ha preso tempo: «Sono convinto e speranzoso che si possa continuare a fare le cose buone di cui l’Italia ha bisogno. È la ragione per la quale noi abbiamo scelto di votare la fiducia a questo governo, fiducia della quale non ci siamo pentiti. Per noi si vota nel 2013». Lo stesso Berlusconi sul tema è stato chiaro, ma senza sbilanciarsi sulle date: il sostegno del Pdl al governo durerà «fino a quando sarà necessario per concludere le riforme istituzionali».
Saranno comunque i ballottaggi a dire se davvero certe alleanze sono morte, quella del Pdl con la Lega (che a livello locale ha resistito a molte intemperie) e quella del Pd con Idv e Sel.

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