Il fisco, l’ultimo fiasco del governo Monti

17 Apr 2012 20:17 - di

La delusione è forte, l’illusione che sarebbero dimunuite le tasse è durata qualche ora. Non cambia niente, o quasi. E sul web monta la protesta tra ironia e rabbia. C’è chi mette in bacheca il manifesto “Primo Maggio festa dei disoccupati e dei tartassati”, va a gonfie vele il concorso su chi indica “la tassa più bella della settimana” e chi ironizza con un fotomontaggio: Monti e la Fornero al posto dei protagonisti di Titanic, nella più famosa scena del film, con il titolone “Tassanic”. I più furibondi, invece, scelgono di condividere una un riquadro a caratteri cubitali con la scritta: «Se la vita un giorno mi presenterà il conto, risponderò “Ho già pagato”…». La rivoluzione promessa e non mantenuta? L’Irpef rimane inalterata (cinque aliquote), l’Irap pure, l’Ires (Imposta sul reddito delle società) scompare ma per essere sostituita dall’Iri (Imposta sul reddito imprenditoriale), poi scalda i muscoli la carbon tax e, soprattutto, salta il fondo taglia-tasse. E quindi la possibilità di poter puntare a una diminuzione importante delle imposte che è propedeutica a un qualsiasi sviluppo del Paese. Si può dire che per il governo si tratta dell’ultima occasione persa. Una riforma a metà, che fra il paio con un piano di liberalizzazioni e semplificazioni insoddisfacenti, il costo del lavoro che non diminuisce, la flessibilità del lavoro che non aumenta. Un quadro deprimente, che causa solo pessimismo. E dallo stesso governo, nella bozza del Def, arriva la conferma che l’Italia raggiungerà un livello di zero deficit “reale” (non corretto per il ciclo) solo nel 2015.

La tasse non diminuiscono
Con la crisi economica in atto, l’economia in recessione e i consumi che non tirano, era lecito aspettarsi una riforma fiscale in grado di liberare risorse per aumentare il reddito disponibile delle famiglie e per attivare nuove iniziative imprenditoriali. Invece così non è stato. Si è rinunciato a qualsiasi impegno di abbassare le imposte e qualcuno si avventura a dire che dovremmo essere felici, perché le tasse non sono aumentate. Di fatto, però, la pressione fiscale è comunque destinata a salire per effetto dei provvedimenti già presi e che, via via, andranno a regime. Qualcosa di più si capirà oggi, dopo che il Consiglio dei ministri avrà esaminato il Def, ma intanto si può parlare di delusione assoluta, perché sul versante della spesa non è prevista la benché minima diminuzione, né un piano di privatizzazioni o di dismissione dei beni pubblici. Eppure è chiaro a tutti che premendo l’acceleratore soltanto sul pedale delle tasse il debito continuerà a non calare. In un momento in cui la crescita è un’illustre sconosciuta, infatti, non è neppure scontato che riusciremo a conseguire il pareggio di bilancio a fine 2013. Obiettivo che sono in molti, ormai, a dare per fallito. A meno di una manovra aggiuntiva che Monti continua a ritenere non necessaria, ma gli osservatori internazionali considerano ineludibile. Intanto Alfano, nel vertice di ieri sera, ha posto un altolà ben preciso: niente nuove stangate su famiglie e imprese. «Ci batteremo – afferma – perché a settembre l’Iva non aumenti».

Strada senza uscita

Il governo però sembra aver imboccato solo la strada delle torchiature e del rigore firmato Monti. La spesa pubblica continua a dilagare e l’esecutivo, prigioniero della sua dipendenza dalla troppe entrate, continua ad alimentare la sindrome della sua dipendenza. Come il tossicodipendente lo Stato vuole sempre più reddito dai suoi cittadini e per questo si pone solo il problema di come fare per incassare di più. Monti, la Fornero, Passera e tutti gli altri, come bravi contabili, si preoccupano solo di far tornare il calcolo, spostano qualche addendo, si inventano qualche slogan e alla fine tirano un tratto di penna. E i sacrifici dei cittadini? Sembrano non interessarli. L’Imu sarà più salata, farà riferimento ai metri quadri e non ai vani, gli estimi aumenteranno e si potrà pagare in due o in tre rate, come farà più comodo al contribuente. Ma il risultato è lo stesso, osserva Raffaele Bonanni, leader della Cisl. La sostanza del problema è che sostenere il pagamento dell’Imu sarà comunque molto difficile per i lavoratori dipendenti e per i pensionati. «L’Imu – afferma Bonanni – costerà uno stipendio l’anno per ogni lavoratore dipendente e una pensione mensile l’anno per ogni pensionato».

Anche il cibo diventa un lusso
Il governo, comunque si appresta chiedere la fiducia sul decreto fiscale per evitare sorprese dell’ultimo minuto. In pentola, poi, c’ è anche la tassazione del cosiddetto cibo spazzatura: merendine, bollicine, snack e quant’altro. Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, annuncia alla stampa che si tratta di scoraggiare i consumi di prodotti che provocano problemi sanitari di cui poi, alla fine, finisce per farsi carico sempre e comunque la collettività. Ma in realtà si tratta come al solito di una nuova strada per  incrementare le entrate. Lo Stato pretende di decidere perfino che cosa si mangia e che cosa si fuma. E, sullo sfondo, ci sono i nuovi aumenti dell’Iva, previsti per l’autunno, che andranno a penalizzare anche i prodotti alimentari. Il problema, com al solito, è la necessità di incrementare le entrate non di tutelare la salute dei cittadini. Il perché è evidente: l’Italia, a livello di cibo, non ha certo nulla da invidiare ai competitor internazionali, perciò sarebbe anche utile favorire i consumi di questi prodotti a scapito di quelli dannosi. Basterebbe che costassero di meno per farli diventare sempre più gettonati. Invece mangiare sano costa caro. E la pensionata che si aggira per il supermercato con soli pochi spiccioli nel borsellino se vuole sbarcare il lunario deve comunque comprare i prodotti più a buon mercato. Se si aumenta anche il loro prezzo avrà difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena e non gli resterà che tirare la cinghia.

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