Caro-benzina, il peccato originale di Monti
La benzina è alle stelle e le file alle pompe bianche, dove si risparmiano anche dieci centesimi al litro, sono sempre più lunghe. Gli italiani si industriano e cercano le soluzioni più economiche per trovare un riparo all’aumento continuo del costo del carburante che in tre mesi ha raggiunto livelli altissimi. La benzina, secondo i dati dell’Istat, rispetto allo scorso anno è aumentata del 18,6% e del due per cento su base mensile, mentre il prezzo del gasolio per i mezzi di trasporto è salito del 25,5%. I dati pubblicati ieri dall’Istat sono la conferma ufficiale di quanto caro sia il prezzo che automobilisti, autotrasportatori e famiglie stanno pagando per le inadeguate scelte fatte dal governo tecnico. Tutto parte da lì. Il peccato originale di Monti è, infatti, l’aumento della benzina. Una scelta deleteria che conferma l’idea che l’Italia debba essere governata da politici, anche non laureati, ma che conoscono meglio le reali esigenze dei cittadini. L’esperienza dei tecnocrati e dei professori si è, infatti, dimostrata fallimentare anche perché la teoria spesso non ha riscontri nella pratica. Come sta dimostrando il “caso benzina”.
Ma da dove parte questa crisi? Tutto è iniziato all’indomani dell’approvazione del decreto “Salva Italia”. L’aumento delle accise su benzina e carburanti, ossia di quelle tasse indirette imposte dallo Stato al momento della vendita dei beni di consumo che inevitabilmente si ripercuotono sul consumatore, e introdotto quasi in sordina dal governo Monti lo scorso 6 dicembre, ha avuto infatti un impatto immediato sui prezzi al distributore. Calcolando anche l’effetto dovuto all’aumento dell’Iva, per un litro di benzina, all’indomani dell’approvazione del decreto, gli italiani hanno dovuto sborsare mediamente 9,9 centesimi in più; 13,6 centesimi e 2,6 centesimi, invece, gli aumenti medi per un litro di gasolio e gpl. Dunque, i prezzi medi dei carburanti a livello nazionale sono saliti a 1,708 euro per la benzina, 1,702 euro per il gasolio e 0,754 per il gpl, con prezzi che al Sud Italia sono arrivati a toccare quota 1,8 euro al litro per i primi due combustibili. Un ulteriore balzo in avanti dei prezzi si è avuto dopo Capodanno quando le accise su benzina e gasolio sono aumentate di altri 0,5 euro per mille litri. Per arrivare a ieri, quando la benzina ha toccato il record storico di 1,85 euro e il diesel 1,76. Un vero record storico, raggiunto solamente nel 1977, anni in cui la stagflazione fece lievitare enormemente i prezzi dei beni di consumo tra i quali, appunto, c’erano i carburanti.
Chiaramente con l’aumento della benzina ci sono stati aumenti a cascata a 360 gradi: sale il riscaldamento, cresce il prezzo degli alimenti e aumentano anche i trasporti. «Questi aumenti – spiega Giovanni Cobolli Gigli, presidente della Federdistribuzione – vanno a incidere negativamente sull’intera filiera commerciale, riversandosi anche sui prezzi dei prodotti; la distribuzione moderna continua nella sua tutela del potere d’acquisto dei consumatori assorbendo in parte questi incrementi, ma ciò porta a erodere la redditività del settore, ormai ridotta a meno dell’1% del fatturato. Seguiamo con attenzione e preoccupazione quanto trapela dalle stanze del governo circa la volontà di spostare la tassazione dalle persone alle cose». Molto dura è la posizione di Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef: «Responsabile di questa pioggia di aumenti è il governo degli ottimati e dei banchieri che, dopo aver causato la crisi, fa pagare i costi delle sue scelte alla povera gente, alle famiglie e ai pensionati. La benzina, come ci dice l’Istat, ha avuto un aumento del 25% e il gasolio del 18%, e in questo aumento c’entrano anche le accise del governo. L’Iva, ovvero la tassa dei poveri, da ottobre andrà al 23% e anche l’Iva intermedia, che agisce sui beni primi necessità, aumenterà di due punti. Questo governo ha il merito di aver ridotto gli spread a danno di chi paga sempre i costi: ovvero le famiglie e i piccoli imprenditori. Tra questi ultimi tantissimi sono arrivati al suicidio perché non riuscivano a pagare gli stipendi ai lavoratori. Sono 250 quelli che si sono tolti la vita a causa della crisi. Una crisi – spiega – prodotta dalle banche che prendono i soldi all’1% dalla Bce, ad oggi 251 miliardi (e cioè un quarto dei mille miliardi erogati da Draghi) e invece di far ripartire l’economia, assecondando la domanda di credito preferiscono riacquistare le proprie obbligazioni sulle quali ci fanno utili. La situazione è davvero molto preoccupante e ci auguriamo che l’aumento dell’Iva non avvenga». Sul prezzo della benzina, ha sottolineato Lannutti, «anche l’Unione petrolifera ha affermato che abbiamo il prezzo più caro d’Europa. Un aumento che dipende un po’ dalla speculazione, ma in buona parte dalle tasse che questo governo ha messo sul carburante. La benzina arriverà a due euro e lo Stato farà l’Ottava Sorella: più alto è il prezzo della benzina, più incassa tasse per il combinato disposto Iva-accise».
Anche Massimo Masotti, consigliere nazionale e presidente della sezione trasporti internazionali di Anita osserva che «l’aumento della benzina sta creando un serio danno all’economia». Il prezzo del carburante, puntualizza, «è in continua crescita. L’aumento parte dal barile e finisce ogni giorno sui grandi consumatori. È un trend in salita perché oggi aumenta all’ingrosso e domani al consumo. I grandi autotrasportatori comprano autobotti complete e da gennaio il prezzo è in continua salita e si riflette anche sulla mobilità dei prodotti e, quindi, sul loro costo. I nostri prodotti per essere portati in centro Europa quindi arrivano appesantiti dai costi del trasporto. A questo si aggiunge la politica fiscale del governo e quindi ci troviamo col prezzo del carburante più alto d’Europa. Inoltre, l’aumento della benzina oltre a creare un danno agli autotrasportatori e alle imprese penalizza fortemente anche i lavoratori. Chi ha uno stipendio fisso vede immancabilmente rosicchiare una fetta dei soldi che ha a sua disposizione a causa dell’alto costo della benzina. E che non spende in consumi». Critico Maurizio Rada, presidente di Assotaxi: «Noi abbiamo una piccolissima detrazione sul credito d’imposta che a seconda dell’auto usata va da 300 a 700 euro. Una somma assolutamente irrisoria. Il governo con le sue scelte sta penalizzando l’economia e noi che circoliamo su Roma che ne rendiamo conto. L’economia è ferma e mancano i clienti. Abbiamo scongiurato l’attacco del governo che voleva dare più licenze, ma con questi aumenti di carburante si colpiscono sempre i soliti “noti”».