Monti e il Cavaliere dividono il pane non il Pdl
È bastato un pranzo per mettere in discussione la sopravvivenza del Pdl. Sono i curiosi riflessi condizionati della stampa. Se a intrattenersi a convivio con Monti fossero stati Bersani o Casini, ne sarebbe risultata l’impressione che l’Udc e il Pd aumentavano la propria influenza sull’esecutivo; se a spezzare il pane con Der Kommissar è il Cavaliere, è l’inizio di una fine. L’auspicio dei cronisti parlamentari si tramuta per l’ennesima volta nella previsione di una fuga o di una estromissione degli ex-An dal consesso berlusconiano. Certo, la cosa converrebbe a molti eccetto, sia ben chiaro, ai cosiddetti ex-An. Converrebbe a Casini e al suo progetto di egemonia centrista su un’ipotesi di frammentazione del centrodestra. Converrebbe a chi freme per salire sul carro del nuovo vincitore ma ha perso l’occasione di novembre e si trova prigioniero dell’irrilevanza politica. Converrebbe ovviamente alla sinistra, che preserverebbe il bipolarismo con due grandi aggregazioni (una di sinistra e una di centro) su un asse Bersani-Casini con Berlusconi fagocitato come Giona (e come Fini e Rutelli) dalla Balena Bianca. Chi, oltre che seguire le cronache, ha anche memoria di ciò che legge, ricorderà che questo scenario è auspicato dalla stampa che non ci ama sin dai tempi della prima esperienza di Polo di centrodestra. Disattendere quelle aspettative ha concesso per vent’anni all’Italia una credibile alternativa al Compromesso storico. Compromesso che è difficile credere che qualcuno voglia rispolverare proprio adesso.