Lavoro, la “lezioncina” non piace ai sindacati: bocciati i prof-ministri
Aria di sufficienza, atteggiamento un po’ spocchioso, noia per essere costretti a sedersi – loro, i ministri “salva-Italia” – a un tavolo con i rappresentanti sindacali (e quindi a sacrificare il loro prezioso tempo). I “professoroni” del governo tecnico, già di per sé infastiditi dalle notizie che giungevano dal fronte dei Tir e dallo sciopero dei tassisti, sono subito saliti in cattedra, si sono messi alla lavagna con tanto di gessetti tra le mani e hanno cominciato una lezioncina, pensando di avere a che fare con studentelli alle prime armi. C’erano i titoli dei capitoli, poi i capitoli stessi e magari qualche grafico che non guastava. Ma gli studentelli non si sono fatti intimidire dall’autorità dei professoroni e hanno cominciato a rumoreggiare, specie quando hanno capito che venivano chiesti i compiti, su cui poi i “professoroni” avrebbero cancellato o modificato con le matite rosse e blu. E l’insegnante-capo, la Fornero, si è vista costretta a rinviare la materia al prossimo incontro, in settimana o giù di lì.
Il vertice era stato anticipato da alcune voci sullo schema del governo: la cassa integrazione sarebbe al centro della riforma degli ammortizzatori sociali con l’intenzione dell’esecutivo di limitarne la durata e l’utilizzo ai soli casi di rientro al lavoro. Ipotesi questa che trova l’opposizione delle parti sociali. Secondo le intenzioni del governo, dovrebbe restare solo la cassa ordinaria (quella legata ad aventi temporanei e con una durata massima di 52 settimane) mentre si eliminerebbe la possibilità di utilizzarla a fronte di chiusura dell’azienda (come a esempio la cassa straordinaria prevista per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese). A fronte del mancato rientro in azienda si studia invece un’indennità risarcitoria e il rafforzamento del sussidio di disoccupazione. Il lavoro flessibile dovrà costare di più mentre la conversione da contratto a tempo determinato a indeterminato sarà favorita con la graduazione degli sgravi contributivi anche in rapporto alla formazione svolta.
Ma la Fornero ha poi deciso di non consegnare il documento illustrato alle parti sociali: «Ci lavorerò ancora tenendo conto di quello che ho ascoltato da imprese e sindacati», ha detto chiudendo l’incontro. In sostanza, le linee-guida non sono state condivise da Cgil, Cisl, Uil e Ugl, mentre i titoli sì. Come dire, siamo al punto di partenza. Per Confindustria era invece presente lo stato maggiore di viale dell’Astronomia, il presidente Emma Marcegaglia, il vicepresidente Alberto Bombassei, il direttore generale Giampaolo Galli. Che alla fine hanno cercato solo di portare acqua al loro mulino, con uno stop (sottinteso) alle questioni sollevate dai leader sindacali. Il “collegio dei professori” invece – oltre alla Fornero – vedeva in campo il viceministro Michel Martone, il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e il sottosegretario alla presidenza, Antonio Catricalà. La presenza di Mario Monti, invece, è stata un “mordi e fuggi”, perché c’era un volo per Bruxelles che lo aspettava. Aveva però fatto in tempo a rilasciare qualche dichiarazione utile per apparire negli articoli dei giornali e in tv: «Servono buone soluzioni strutturali per il mercato del lavoro. Spero che si riesca a non ridurre il messaggio che mandiamo sulla riforma del mercato del lavoro solo all’articolo 18». Poi, secondo quanto riportano le fonti bene informate, avrebbe rassicurato le parti sociali: «Non si procederà per decreto sulla riforma del mercato del lavoro ma i tempi non possono essere lunghi».
Anche la Fornero ha ribadito la necessità di fare in fretta (e senza troppi soldi): «C’è da fare una riforma ma bisogna considerare che, nel breve periodo, non abbiamo risorse da spendere su questo importantissimo capitolo». Ed è appunto sui capitoli, o meglio sui titoli, che s’è incentrata tutta la discussione. La professoressa Fornero ha dato i temi da sviluppare: tipologie contrattuali; formazione e apprendistato; flessibilità; ammortizzatori sociali; servizi per il lavoro. I leader sindacali sono chiamati a prendere carta e penna, evitando errori e lungaggini perché il governo vuole chiudere la partita sulla riforma del mercato del lavoro in tre o quattro settimane. È chiaro che dal fronte sindacale i commenti non sono stati positivi. «Se davvero il governo cerca la coesione, la discussione dovrà partire dal documento di Cgil, Cisl e Uil condiviso dall’Ugl», ha affermato il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella. Il metodo di lavoro proposto da Palazzo Chigi sulla riforma del mercato del lavoro può essere «veramente pericoloso», ha detto il leader della Uil, Luigi Angeletti, auspicando invece «un confronto sostanziale». Con solo scambi di documenti a distanza «non si comprende come si possa verificare una sintesi. Così le parti sociali verrebbero trattate come alunni a cui si dà il titolo del tema, fanno il lavoro a casa, e poi c’è la professoressa che corregge con gli errori. Un metodo che non porta da nessuna parte».
«Accanto a quella del lavoro – ha ribadito Centrella, riprendendo la parola – non possono mancare una riforma fiscale e stimoli agli investimenti altrimenti questo tavolo non produrrà gli effetti sperati. Se non si riavviano i consumi, grazie al recupero di risorse attraverso un fisco più equo per operai, impiegati e pensionati, non ripartono le produzioni e non si creano posti di lavoro».
La Cgil ha avvertito il governo che sul mercato del lavoro non sono accettabili scelte unilaterali: «Ciò che ci auguriamo – ha sostenuto il segretario generale Cgil, Susanna Camusso – è che sia una giornata utile perché sia chiaro al governo che il mercato del lavoro è complesso. Non ci possono essere scelte unilaterali del governo su queste materie. Non c’e stata nessuna condivisione delle propsote che il ministro ha illustrato. Per questo aspettiamo l’agenda dei tavoli. per noi si parte dall’ agenda e non da contenuti già predeterminati». Dura anche la Cisl: «Chiediamo che il governo non proceda a colpi di mano», ha affermato Raffaele Bonanni. Poi c’è stato un siparietto, con la Camusso che ha vestito i panni della giornalista per sintetizzare il senso dell’incontro: «Se dovessi fare io il titolo dei vostri pezzi direi “si è aperto il confronto”», ha detto ai cronisti, rendendo così esplicito il fatto che per la Cgil sono da azzerare le ipotesi sul tavolo messe dall’esecutivo in materia di lavoro. E che l’intesa sulla riforma del mercato del lavoro è tutta da costruire. Alla fine, quindi, gli alunni hanno bocciato i “professori”. Tant’è che il governo ha frenato per evitare che il negoziato si arenasse ancora prima di partire. E sul nodo della cassa integrazione i sindacati hanno parlato di «colpo di spugna» che non protegge i lavoratori delle aziende in crisi. Ma anche Confindustria ha avuto perplessità: Anche Confindustria ha avanzato forti dubbi. «Ci siamo sempre detti aperti a ragionare su cassa integrazione e indennità di licenziamento – ha detto Emma Marcegaglia – su una riforma più profonda degli ammortizzatori sociali ma in questo momento dobbiamo fronteggiare una grande crisi e quindi, per ora, non si debba procedere a grandi cambiamenti». Un elemento di critica arriva anche dal Pdl: «È ragione di fortissima perplessità il fatto che si seguano due criteri diversi per ciò che riguarda le liberalizzazioni e ciò che riguarda la riforma del mercato del lavoro – ha evidenziato Fabrizio Cicchitto – Nel primo caso la massima velocità e urgenza, con un decreto malgrado la complessità, l’eterogeneità e la corposità della materia, nel secondo caso un disegno di legge in tempi inevitabilmente assai lunghi. Comunque sulle liberalizzazioni noi siamo in linea di principio favorevoli, ma è evidente che, decreto o non decreto, alcune materie richiedono modifiche».