Iva e accise freneranno la crescita
Vi ricordate il gran dibattere che si è fatto attorno all’aumento di un punto dell’aliquota Iva decisa dal governo Berlusconi non più tardi di questa estate? C’è stata una vera e propria sollevazione, con partiti di opposizione, sindacati e associazioni dei consumatori schierati a dimostrare l’evidenza che così si aumentavano i prezzi, si dava fiato all’inflazione e si riducevano i consumi. Ma come, si argomentava, proprio mentre l’economia non cresce e c’è bisogno di restituirle un minimo di sprint il governo rema nella direzione opposta. Un punto di aumento Iva sembrava potesse essere la fine di ogni speranza di rilancio. Adesso, invece, nulla di tutto questo succede. L’emergenza, che c’è oggi (ma c’era anche allora) sembra giustificare tutto. Eppure l’aumento delle accise sui carburanti, deciso da Monti, è ben più sostanzioso e ha già causato rincari di 9,9 centesimi di euro per ogni litro di benzina e di 13,6 centesimi per un identico quantitativo di gasolio (ieri, alla pompa, si è superata quota 1,7 euro per entrambi i carburanti, con punte di 1,8 euro al litro nel Sud Italia). E non è che la prima tranche. A partire da ottobre l’Iva aumenterà di due punti con nuove ricadute in termini di prezzi su tutti i carburanti che si andranno a sommare agli aumenti scattati ieri. Ne risentiranno tutti i prezzi, perché in questo paese la gran parte del trasporto merci avviene su gomma, con ricadute sull’inflazione e, quindi, su tutto quanto a essa viene parametrato, mentre diminuirà il reddito disponibile delle famiglie che spenderanno di più per gli acquisti.
Lacrime e sangue
Lacrime e sangue per tutti, ma c’è qualcuno che viene chiamato a piangere più degli altri. Sul fronte delle’indicizzazione delle pensioni, però, qualcosa si muove. La commissione Lavoro della Camera ha proposto il tetto di 1.400 euro al di sotto del quale l’indicizzazione dovrebbe essere garantita. La commissione Bilancio sta verificando la fattibilità, ma il viceministro al Lavoro Michele Martone ha parlato di «ipotesi responsabile». Ritocchi potrebbero essere quindi in arrivo, almeno su questo fronte. Resterà però da vedere come i mancati risparmi saranno compensati (l’aumento del contributo richiesto ai capitali scudati, sollecitato dal Pd, appare troppo aleatorio per garantire certezze) e, soprattutto, se si riusciranno a trovare risposte anche sull’altro fronte dolente, quello d’Ici sulla prima casa per le famiglie meno abbienti, argomento che sta molto a cuore al Pdl.
I sindacati ritrovano l’unità
Aprendo sull’indicizzazione delle pensioni il governo intende anche disinnescare la mina dei sindacati che, partiti sparpagliati, adesso hanno deciso di colpire uniti. Lunedì infatti Ugl, Cgil, Cisl e Uil attueranno uno sciopero di tre ore per contestare i contenuti della manovra. La decisione è stata assunta ieri dai segretari generale delle quattro confederazioni, dopo che Ugl, Cisl e Uil avevano indetto una protesta di due ore e la Cgil aveva replicato con una di quattro. Dopo sei anni le grandi organizzazioni sindacali del nostro Paese tornano così in piazza per uno sciopero generale unitario. L’ultima volta che questo si era verificato è stato il 25 novembre del 2005, contro il governo Berlusconi. Il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella, guarda agli scenari che si vanno aprendo e sottolinea che «qualcosa di buono in questa manovra c’è: ha unito lavoratori e sindacati di quattro Confederazioni nella stessa protesta e per i medesimi obiettivi». Intanto, assieme a Camusso, Bonanni e Angeletti chiede un incontro con Monti per concordare i cambiamenti alla manovra la cui necessità è stata ribadita ieri nel corso di un’audizione di fronte alle Commissioni Bilancio di Senato e Camera. Incontro che darebbe la possibilità di far vedere che i cambiamenti, qualora dovessero arrivare veramente, sono una conseguenza dell’intervento e delle proteste sindacali. Non a caso Ugl, Cgil, Cisl e Uil tengono aperta anche una linea di mediazione con i partiti a cui intendono sollecitare gli emendamenti necessari. Lo sciopero, che per i servizi pubblici essenziali (come i trasporti) si terrà il 16 dicembre, potrebbe quindi anche rientrare.
Copertura cercasi
Il copione sarebbe già stato scritto se non fosse per la copertura. Il governo, infatti, non ha obiezioni a dare corso a questa evoluzione delle cose purché i saldi della manovra vengano mantenuti costanti. Dal centrosinistra è forte la pressione perché i risparmi della mancata deindicizzazione delle pensioni vengano sostituiti con un inasprimento dell’imposta a carico dei capitali scudati. Cosa che, a sentire i tecnici del ramo, sarebbe più facile a dirsi che a farsi, col risultato che il gettito atteso resterebbe tutto sulla carta (due miliardi con l’aliquota dell’1,5 per cento; il doppio se attraverso questa voce si dovessero reperire i mancati introiti sul fronte delle pensioni). Chi ha aderito allo scudo è rimasto infatti anonimo e anche gli intermediari finanziari, che sono chiamati a fare i sostituti d’imposta, spesso potrebbero trovarsi nell’impossibilità di farlo. L’interessato potrebbe non essere più cliente dell’intermediario e quindi, qualora non avesse più gli stessi recapiti, sarebbe difficile da rintracciare. Gli scudati del 2001, poi, potrebbero non avere più nemmeno i documenti, in quanto la legge ne prevede la conservazione per soli cinque anni. Senza contare che alcuni potrebbero non essere più nelle condizioni di pagare. Tutta questa storia alla fine potrebbe servire solo a far perdere fiducia nello Stato che ha sottoscritto un patto e adesso lo tradisce. Non a caso in questi giorni si segnalano tonnellate di lingotti d’oro che migrano verso la Svizzera.