«E io, grazie alla Gelmini, ho battuto il precariato»
«Io e i miei colleghi di studio, grazie al collegamento tra università e imprese abbiamo battuto il precariato. Un principio per il quale si è battuta e poi è stata criticata Mariastella Gelmini…». Ora finalmente cominciano
ad arrivare i primi risultati della riforma degli atenei, che smontano la stagione
delle manifestazioni studiate a tavolino dalla sinistra per “criminalizzare”
l’azione del centrodestra. In un momento di crisi, di tagli e di recessione c’è chi guarda con positività al futuro, grazie al suo impegno nello studio, ma anche merito di un’università (in settori non inflazionati) che è collegata direttamente al mondo delle imprese e offre opportunità reali di occupazione a chi ha concluso il suo corso di studi senza patemi e angosce o senza dover passare sotto le forche caudine di un precariato infinito.
La storia di Matteo Pasquali, ingegnere industriale, è un esempio concreto dell’esistenza di una realtà che spesso non finisce sui giornali perché non fa notizia e non è funzionale alla macchina della disinformazione. Matteo ha solo 27 anni. Tre anni fa si è laureato all’università di Roma Tor Vergata con 102 su 110 in ingegneria gestionale. Da allora è iniziata per lui un’avventura «incoraggiante». Quanto alle polemiche che si fanno contro la riforma che ha approvato l’ex ministro Gelmini, spiega: «È sia giusto introdurre il criterio della meritocrazia e di eliminare tutti quei corsi inutili che poi non offrono una reale opportunità di lavoro».
«Io ho avuto coraggio, ma come come tanti altri ragazzi. Nel mondo universitario – ci dice – ci sono luci e ombre e spesso si finisce col parlare solo delle cose che fanno più comodo. E chiaramente sono quelle negative. Le altre sono nascoste. Ma vale la pena raccontarle. Si parla tanto della “bestia” precariato, ma per me questo rappresenta uno step iniziale perché è un’opportunità per chi vuole iniziare a lavorare e per l’azienda che deve assumere». Pasquali spiega che «grazie al collegamento dell’università col mondo del lavoro appena mi sono laureato sono stato subito chiamato a fare uno stage per sei mesi nella filiale italiana di una società multinazionale. Una bella esperienza che mi ha dato molto. All’inizio guadagnavo 800 euro. Poi, sono stato confermato nella stessa azienda con un contratto a tempo determinato per un anno e la mia retribuzione era di mille euro. Il mio ruolo era quello di consulente nel settore dell’information tecnology. Non ho fatto in tempo a concludere quel contratto che sono stato chiamato in un’altra azienda per due anni e lì mi sono occupato di acquisti per la produzione e lavoravo all’interno della produzione programmi. Poi, da ottobre di quest’anno ho cambiato mansioni sempre all’interno della stessa azienda e lavoro nella divisone commerciale. Dal primo febbraio il mio contratto sarà trasformato a tempo indeterminato».
Matteo Pasquali elenca tutti gli step della sua vicenda «non con spirito autocelebrativo, ma per sfatare un luogo comune sull’università italiana. Ho visto troppe contestazioni a volte immotivate. Il mio esempio può incoraggiare tanti ragazzi che non credono più nel loro futuro». E con un messaggio chiaro: «Ai ragazzi che hanno finito la scuola superiore dico di non scoraggiarsi e di non scegliere la strada che piace di più, c’è tempo per fare ciò che piace. Non bisogna fare scelte affrettate cercando di inseguire quello che al momento più ci attrae, perché a 18 anni non sappiamo ciò che è meglio per noi. Bisogna scegliere con coscienza e dopo i dovuti sacrifici dare la giusta direzione ai propri sogni». Per Pasquali «bisogna farsi consigliare dai genitori, dagli adulti, da chi ne sa più di noi. Quando ho finito il liceo scientifico mi sarebbe piaciuto fare economia (che sarebbe andata bene comunque), ma poi ho scelto di iscrivermi in ingegneria gestionale seguendo strade che avevano già percorso i miei familiari. Certo è stato faticoso, ma come vede i risultati ci sono. E non mi sono laureato neanche con il massimo dei voti. Quando sento dire che l’università non prepara al mondo del lavoro mi viene da ridere, perché si dicono tante cose inesatte. Se parliamo di università a indirizzo letterario è chiaro che c’è un’inflazione e il classico posto di lavoro è davvero difficile da trovare. Basti pensare che mia madre insegnante da trent’anni può sperare solamente adesso a un ruolo definitivo». Quindi che fare? «In un momento di grande crisi bisogna essere lungimiranti e cercare indirizzi dove c’è spazio, anche se apparentemente più difficili. Bisogna scegliere ciò che è utile alla società. Io e i miei colleghi abbiamo ottenuto un risultato grazie al placement office dell’università».