il Pdl non cede: «O Silvio o il voto»
Chiamatela spallata, inciucio o golpe al pane e salame, la questione non cambia: anche nel primo giorno di esami per l’Italia al tavolo dei G20, la dinamica politica non è cambiata, nonostante gli appelli alla compattezza del Paese del Capo dello Stato. Da un lato l’opposizione che prova a disarcionare il Cavaliere, rubandogli un paio di deputati, dall’altro il Pdl e la Lega che fanno fronte comune col premier e respingono qualunque ipotesi di governo tecnico. L’ultima giornata di consultazioni “irrituali”, visto che non è in atto alcuna crisi politico-parlamentare, hanno visto salire sul Colle i vertici del Popolo della libertà, che a fine mattinata, prima che Berlusconi da Cannes annunciasse la volontà di procedere con la fiducia sul maxi-emendamento alla legge di Stabilità, hanno chiarito che mai e poi mai il Pdl sommerà i propri voti a quelli del Pd per un esecutivo che nasca dalla pregiudiziale anti-berlusconiana. Il premier, da Cannes, del resto, è sembrato tutt’altro che arrendevole, nonostante le notizie su dissidenti e transfughi in arrivo da Roma: «Il provvedimento arriverà al Senato all’inizio della prossima settimana, al massimo entro mercoledì e con l’apposizione della fiducia fra 10-15 giorni tutte le misure saranno determinate e definite», ha assicurato il premier ai partner europei del G20, aggiungendo che il governo è determinato ad aprire trattative con i sindacati «in tempi rapidi sulla riforma del mercato del lavoro».
Il Pdl: o Berlusconi o il voto
«In questa legislatura c’è solo questo governo, non possono esserci governi che nascono da giochini di Palazzo. O avanti fino al 2013 o chiederemo il voto», ha esordito il segretario del Pdl Angelino Alfano in conferenza stampa, accanto ai capigruppo di Camera e Senato Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, dopo l’incontro con Napolitano. «Vogliamo andare avanti fino al 2013 con questo governo presieduto da Silvio Berlusconi. Abbiamo i numeri per poter reggere questa nostra ambizione e un programma concordato nella lettera all’Ue», ha detto Alfano. «Al capo dello Stato abbiamo spiegato che abbiamo i numeri per governare fino al 2013. Non può esserci un governo che è frutto di un giochino di palazzo. Questo esecutivo è legittimato ad andare avanti. Non dobbiamo resistere ma governare fino alla fine della legislatura». All’opposizione Alfano ha mandato a dire che non c’è alternativa a questo governo: «Deve venire prima il bene dell’Italia e poi quello dei partiti, della maggioranza e dell’opposizione. Invito l’opposizione a tener conto della priorità dell’interesse del paese. Se ci sono cose giuste da fare, le si faccia senza mandare a casa Berlusconi». Toni pacati anche sulla lettera dei dissidenti: «È scritta da parlamentari non usciti dal Pdl che pongono questioni politiche che valuteremo con attenzione e tutto si risolverà positivamente e troverà buon esito interno come è stato in altre situazioni». Sulla stessa linea anche Cicchitto: «Questo governo non ha alternative. Sul terreno dei contenuti, perchè per realizzare la lettera all’Ue certamente non può agire il centrosinistra, visto che metà Pd l’Idv e Vendola hanno parlato di macelleria sociale. E poi perchè noi siamo alternativi al Pd e non è ipotizzabile un governo tecnico insieme. I nostri voti non ci saranno mai». Gasparri, invece, ha rassicurato sulla tempistica del maxi-emendamento: «La legge sulla stabilità è già all’esame del Senato, l’emendamento deciso ieri dal governo consente un iter rapido per approvare le misure concordate con l’Ue. Il provvedimento il 15 novembre sarà in aula e garantisce quindi certezza sui tempi».
E Bossi concorda
«Meglio andare al voto». Anche il leader della Lega ieri ha stoppato le ipotesi di governo tecnico circolate in questi giorni, dopo essere salito al Colle scortato dai ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni. «Si è parlato se preferiamo le elezioni o no – ha spiegato Bossi – Gli ho detto: Presidente, lei farà quel che…», ha proseguito Bossi interrompendosi sul finire della frase. Il pallino, perciò, resta in mano al Quirinale. L’incontro, ha spiegato il senatur, è andato «bene» ma tra i “lumbard” ancora si mastica amaro per lo stop quirinalizio all’ipotesi di un decreto legge nel quale inserire le misure straordinarie per la crisi. La criptica dichiarazione dell’altra sera di Calderoli sugli «uccelli paduli» lascia trapelare quantomeno la delusione per la mancata approvazione del provvedimento. Allo stesso modo, non sarà certo il leader lumbard a chiedere a Berlusconi di fare un passo indietro.
Tra transfughi e dissidenti
L’annuncio di un paio di colpi messi a segno dall’Udc nella campagna acquisti scatenata in Parlamento l’ha data il deputato centrista Roberto Rao, su Twitter, in un tweet nel quale formulava loro il benvenuto. Poi è arrivata la conferma in aula. Acque agitate anche tra gli ex responsabili. Tre deputati di Popolo e Territorio sono transitato nel gruppo Misto, pur assicurando di non voler togliere il sostegno al governo. Si tratta di Arturo Iannaccone, Elio Belcastro e Americo Porfidia, che restano comunque in maggioranza e costituiscono la componente “Noi per il Sud-Lega Sud Ausonia”.
I numeri ci sono
Allo stato, comunque, i numeri danno ancora ragione al premier. Con le due defezioni, la maggioranza conta su 314 parlamentari: 212 del Pdl (esclusi Alfonso Papa agli arresti domiciliari e Pietro Franzoso assente per motivi di salute), 59 della Lega, 25 di “Pt”. Oltre ai sette deputati di Grande Sud di Gianfranco Miccichè, nel gruppo Misto Berlusconi può contare su Mario Pepe, Luca Barbareschi, Aurelio Misiti, il leader di Pri, Francesco Nucara, Giancarlo Pittelli, gli ex Fli Adolfo Urso, Andrea Ronchi, Pippo Scalia e i tre di “Noi Sud” (che ieri hanno formalizzato l’uscita da Popolo e territorio) Elio Belcastro, Arturo Iannaccone e Americo Porfidia. L’opposizione, invece, resta a quota 306: 25 di Fli, 39 dell’Udc, 22 di Idv, 200 del Pd, 6 Radicali (con il punto interrogativo su cosa farà la pattuglia di Marco Pannella autosospesa dal Pd), 5 Api, 2 Libdem, 4 Mpa, 3 minoranze linguistiche, Giancarlo Giulietti e Giorgio La Malfa. Il 14 ottobre scorso non hanno partecipato al voto di fiducia, ma non hanno ancora mai votato contro il governo sei deputati: Calogero Mannino, Luciano Sardelli, Antonio Buonfiglio, Santo Versace, Giustina Destro e Fabio Gava.