Pannella: «Con il referendum ci teniamo il Mattarellum»

12 Set 2011 20:52 - di

Tutti d’accordo, la legge elettorale va cambiata, ma siamo sicuri che il referendum sia la via giusta per abrogare il famigerato Porcellum? la risposta è uun secco “no”, avverte Marco Pannella da Radio Radicale. Il rischio è che alla fine, non si arrivi né al Porcellum né al Mattarellum (dal nome del relatore, Sergio Mattarella) , che i referendari vorrebbero tanto ripristinare. In un lungo intervento su Radio Radicale, Pannella ha messo il dito su un vulnus che la foga referendaria dei comitati promotori guidati da Arturo Parisi, sostenuto dall’asse Di Pietro-Vendola e sponsorizzato da Romano Prodi non evidenziano. Guardate, ha messo in guardia il leader radicale, che non è un automatismo: abrogare la “legge porcata”, così come la definì il suo ideatore, non significa un ripristino della legge elettorale precedente, ossia il Mattarellum, ma anzi si creerebbe un “vulnus” un vuoto istituzionale.
É sarcastico: «Sento un grande trasporto sui referendum, con grande entusiasmo di coloro che accorrono in difesa di questa richiesta referendaria, nata dalle costole del Pd. Vale la pena allora di dire che è altamente possibile, per non dire probabile, sulla base di molteplici sentenze della giurisprudenza recente della Corte Costituzionale, che il referendum sia bocciato. O che comunque non servirà a tornare al Mattarellum».
«Si pensa  – ha proseguito  Pannella –  che se si boccia il referendum torni automaticamente in vigore la legge precedente, cioè il Mattarellum. E non è così, e anzi ci sono sentenze che negano esplicitamente la riviviscenza automatica di un sistema precedente. Ma sono sicuro che gli italiani che firmano questo referendum, manipolato e di regime, non lo sanno, visto che anche molti giuristi sono corsi a firmare».
Quello che i referendari non dicono….Cosa accadrebbe, allora? Il leader radicale adombra che «è invece possibile, che il modo migliore per far restare questo Porcellum sia proprio questo: votare questo referendum. Abolito l’attuale sistema elettorale, si creerebbe un vuoto legislativo, non ci sarebbe il tempo di fare una nuova legge. Un’operazione questa, che sembra il frutto o di una poco nobile gaglioffaggine, malafede, doppiezza, o di ignoranza». I termini giuridici e costituzionali indicati da Pannella sono stati chiariti e confermati nel corso del colloquio telefonico intercorso tra il leader radicale e il costituzionalista Fulco Lanchester, professore ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università  di Roma. «È evidente che un ordinamento in forte crisi, si trova a dover mutare un sistema elettorale che è completamente squalificato, e lo deve fare. Tuttavia io trovo che il modo con cui lo si sta facendo si connette alla vecchia politica, cioè  privilegiando soluzioni di piccolo cabotaggio rispetto ai problemi di tipo sistemico», ha spiegato lo studioso a proposito del referendum.
Agli “entusiasti” del referendum Lanchester ha spiegato che «la sua ammissibilità  è dubbia, anche se nessuno lo dice», visto che «dottrina e la giurisprudenza» costituzionale ritiene «che non possa valere il principio della riviviscenza. Ovvero, l’idea che abrogando un testo di legge, ciò che in precedenza era stato abrogato dalla normativa sottoposta a referendum vivrebbe nuovamente».
A pensar male si fa sempre peccato ma quasi sempre ci si indovina. Quale sarebbe la ratio? Ha risposto Pannella: «Così possono dire: “Abbiamo lottato contro il Porcellum, ma adesso resta solo il Porcellum”».
Il costituzionalista ha quindi ricostruito la cornice in cui è nata l’idea del referendum»: «La realtà dei fatti è che questo referendum “pro Mattarellum” è nato come referendum di contrasto ai quesiti Passigli, sostenuti da un numero rilevante di costituzionalisti,
con dietro evidentemente la figura di D’Alema e di una parte del Pd; è nato come ripresa di un’ ipotesi che era stata prospettata nel 2007 da un gruppo di persone radunate attorno a Castagnetti, e adesso è rinato. Il problema è che all’interno del Pd la via scelta da Bersani era quella della via parlamentare e di un sistema elettorale di tipo ungherese. Durante luglio e agosto – ha preseguito – si è trasformata questa situazione in una sconfitta del gruppo Passigli e in una valente posizione di Castagnetti, che ha dietro Prodi».
Il problema essenziale è questo, ha avvertito: «L’ammissibilità del referendum è fortemente dubbia, anche se nessuno lo dice. Il problema non è di questioni scientifiche, è un problema di trasparenza: perché non se ne discute immediatamente? Se la
Corte costituzionale dichiarerà l’inammissibilità del quesito, c’è il
rischio di un’ulteriore delegittimazione delle istituzioni democratiche repubblicane, salvo che non si pensi di dare un placebo al corpo elettorale e a quelli che si sono mobilitati».

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